#70CATANIA: cronistoria prima metà anni '80

Catania-Sampdoria, 25 settembre 1983

Catania-Sampdoria, 25 settembre 1983 

Dopo il ritorno in B, si passa dalla meraviglia degli spareggi di Roma al disastro del campionato 1983/84.

GIRONE DI RITORNO 1979/80: SUPERIORI E VINCENTI
Il Catania di Lino De Petrillo difende il primato conquistato nei mesi precedenti chiudendo il girone d'andata in vetta grazie ai cinque punti accumulati nelle gare di gennaio. Subito dopo però arriva a Cava de' Tirreni un'inattesa sconfitta, che consente al Campobasso di scavalcare gli etnei. Lo status quo viene ripristinato dopo appena sette giorni: i molisani cadono sul campo della Turris, mentre i rossazzurri strapazzano in casa con un 5-0 il malcapitato Teramo, grazie alle doppiette di Barlassina e Piga. Degno di nota il gol del 2-0 siglato dal centrocampista lombardo a conclusione di un'azione personale. Il popolo catanese torna a respirare aria di successi e numerosi sono i sostenitori che accompagnano i propri beniamini in trasferta, come testimoniato dai 3.000 presenti a Rende il 2 marzo, capitanati dalla “Falange d'Assalto”. Al “Lorenzon” finisce 0-0, ma coi due successivi scontri ad alta quota la squadra dell'Elefante consolida il proprio primato: prima si regola tra le mura amiche il Campobasso (il 2-0 è frutto dei guizzi di due difensori, Chiavaro e Labrocca); poi si pareggia a Livorno. La fuga fa rilassare nuovamente il gruppo, che si concede una pausa perdendo a Montevarchi. Ma, come già accaduto in precedenza, si reagisce prontamente con una serie di risultati utili che riportano a distanza di sicurezza le inseguitrici.

Il copione si ripete dopo la sconfitta esterna rimediata contro il Foggia (una rivale diretta) a sei turni dalla fine. Tre delle ultime cinque partite in programma devono essere disputate al Cibali e questo rincuora Barlassina e compagni. Giungono infatti due vittorie consecutive in casa, che consentono al Catania di giocarsi il primo match-ball promozione al “Comunale” di Reggio Calabria, lo stadio portafortuna del decennio precedente. L'esito della sfida non è per nulla scontato, in quanto gli amaranto sono ancora in corsa per il 2° posto. Sono infatti loro a fare la partita ma la difesa rossazzurra è compatta e regge fin tanto che, nella ripresa, il reparto avanzato conquista un calcio di rigore. Ad incaricarsi della battuta è il bomber Piga, che trasforma. Il vantaggio lo si difende fino al fischio finale del sig. Rufo da Roma, che sancisce il ritorno in Serie B dopo tre, soffertissimi, anni. Oltre al 1° posto in classifica, è motivo d'orgoglio il traguardo - condiviso col Foggia secondo classificato - del maggior numero di gol fatti nel girone (36), al quale contribuiscono non solo le 12 realizzazioni di Piga ma anche i vari Borghi, Morra e Barlassina, i quali, pur agendo in posizione più distante dalla porta avversaria, sovente finiscono sul tabellino dei marcatori. Molto bene anche Sorrentino nella stagione d'esordio: non è un caso che la media dei gol subiti si alzi, di molto, nei sette match in cui è indisponibile e viene rimpiazzato dal secondo portiere Dal Poggetto.

1 giugno 1980: dopo la vittoria di Reggio, si festeggia la promozione in casa contro la Salernitana 



1980/81: OBIETTIVO PERMANENZA
Per fronteggiare il ritorno in cadetteria Massimino decide di puntare sulla continuità, confermando De Petrillo e, con lui, gran parte dei protagonisti della promozione in B. Soltanto due sono, infatti, le partenze “pesanti”, ovvero quelle di Giovanni Bertini, che passa al Benevento insieme a Frigerio, e Carlo Borghi, sul quale punta il Catanzaro di Burgnich, matricola terribile della massima serie. Al loro posto arrivano Francesco Ciampoli, ventinovenne stopper proveniente dal Cagliari, e Loris Bonesso, grande promessa del settore giovanile del Torino, dal quale giunge in prestito. Non si registrano altri acquisti di rilievo, a parte il gradito ritorno di Raimondi. In un torneo caratterizzato dall'inedita presenza di Milan e Lazio (retrocesse d'ufficio a seguito dello scandalo del “Totonero”) non si possono coltivare obiettivi diversi dalla permanenza nella categoria. Il clima di euforia è parzialmente guastato dalla squalifica che pende su De Petrillo a causa di un doppio tesseramento nella stagione precedente (durante la quale, prima di arrivare a Catania, aveva collaborato col Messina). Ciò non impedisce tuttavia ai sostenitori etnei di riempire oltremisura il Cibali al primo appuntamento ufficiale della stagione: la prima giornata del girone preliminare di Coppa Italia, che vede i rossazzurri contrapposti all'Inter di Bersellini, campione d'Italia in carica. Davanti a 41.000 spettatori (nuovo record), i padroni di casa fanno bella figura e impattano 0-0. Nelle successive partite arrivano solo sconfitte, ma più dell'eliminazione brucia il derby perso in casa col Palermo (da 2-1 a 2-3 nella ripresa), in occasione del quale si verificano i primi scontri tra due tifoserie che, fino a qualche anno prima, si rispettavano e talvolta solidarizzavano tra loro nelle partite disputate in campo neutro.

Alla vigilia del campionato, per aggirare l'ostacolo della squalifica di De Petrillo, Massimino richiama a Catania Mazzetti, che torna per la terza volta e assume il ruolo di direttore tecnico. I rapporti tra allenatore e dt si fanno subito tesi a causa dell'ingerenza del secondo nelle questioni tecniche, tant'è che il campano rassegna le proprie dimissioni subito dopo la prima giornata. I tifosi lo convincono a ritirarle, ma la squadra non ingrana e dopo il 4-0 rimediato all'Olimpico di Roma contro la Lazio ci pensa la società a sbrogliare la matassa, esonerando De Petrillo ed attribuendo pieni poteri a “Sor Guido”. Il primo impegno del nuovo corso è improbo: al Cibali arriva il Milan, ma i padroni di casa, in tenuta gialla, vanno per due volte in vantaggio e alla fine portano a casa un prestigioso punto. “Più che una partita di calcio è stata una battaglia”, è il commento di Puccio Corona nel servizio che mostra le azioni salienti del match. Chi crede che l'impresa possa rappresentare una svolta si sbaglia, perché a seguire arrivano tre sconfitte consecutive, una delle quali (l'1-2 incassato in casa contro la Sampdoria) aggravata dai disordini sulle tribune coi quali certi “tifosi” reagiscono al rigore decisivo assegnato dal direttore di gara agli ospiti. Inevitabilmente si rimedia una giornata di squalifica del campo. La penultima posizione malinconicamente occupata induce la dirigenza ad intervenire sul mercato, dal quale si ottengono i necessari rinforzi autunnali. Due provengono dalla Pistoiese: si tratta del terzino Fabrizio Salvatori e del duttile Pier Giuseppe Mosti, capace di giostrare sia in mediana che da esterno difensivo. Il terzo va a rimpolpare l'attacco ed è il giovane Franco De Falco, che aveva iniziato la stagione al Como, in Serie A. Morra e compagni riprendono a marciare e collezionano cinque risultati utili di fila. Dopo la battuta d'arresto di Pisa che interrompe la serie positiva, si coglie uno splendido successo al “della Vittoria” di Bari, dove il Catania si impone con un sontuoso 1-4. In tale circostanza i ragazzi in maglia rossazzurra sembrano fare a gara per realizzare il gol più bello (notevoli, in particolare, quelli di Mosti e Barlassina, come si evince in questo splendido servizio di Teletna). Brilla anche la stella di Sorrentino che para un rigore a Serena. Neanche il tempo di smaltire i festeggiamenti ed ecco il derby-salvezza contro il Palermo di Veneranda, che paga l'handicap dei 5 punti di penalizzazione per il calcioscommesse. In uno stadio strapieno succede di tutto: Ciampoli prosegue il festival dei gol da urlo portando in vantaggio i suoi con un tiro da distanza siderale; Sorrentino viene colpito alla testa da un ombrello, lanciato dalla curva che ospita i sostenitori palermitani; sul 3-1 per gli etnei, il sig. Romeo Paparesta agevola la rimonta rosanero fischiano un rigore inesistente (trasformato da Calloni) e convalidando la rete di Bencini, viziata da offside; a fine partita, si ripetono gli scontri tra le opposte fazioni.

La continuità ritrovata tra le mura amiche prosegue per tutto il resto del campionato e, nonostante in trasferta arrivino quasi sempre sconfitte, la squadra di Mazzetti riesce a risalire gradualmente la classifica ed uscire dalla lotta per non retrocedere. Tra le più grandi soddisfazioni del girone di ritorno spicca il pari imposto al Cibali alla Lazio, formazione di vertice, ma l'impresa è rovinata dalla diatriba tra il presidente ed alcuni giornalisti ai quali viene impedito l'ingresso allo stadio. Pochi giorni dopo, per questi fatti, il Cavaliere subisce l'onta dell'arresto, e la squadra ne risente buscando quattro gol dal Milan a San Siro. Un altro episodio increscioso accade l'8 marzo 1981 nella partita casalinga contro l'Atalanta, durante la quale i soliti noti fanno piovere in campo degli oggetti per protestare contro un rigore “inventato” dall'arbitro. Si rimedia così un'altra squalifica del campo ma, com'era accaduto quattro mesi prima contro il Monza, la gara in campo neutro (stavolta contro la Spal) si disputa a Reggio Calabria e si conclude con una vittoria del Catania. Il “Comunale” si conferma impianto amico dei colori rossazzurri. Alla 30a giornata, dopo la vittoria sul Verona, propiziata da un gol di Piga e dal quarto rigore respinto da Sorrentino in stagione, i ragazzi di Mazzetti si issano al 7° posto. Raggiunto in netto anticipo l'obiettivo salvezza, il rendimento cala fisiologicamente negli ultimissimi turni, in cui arrivano quattro sconfitte che fanno precipitare la ciurma fino alla tredicesima posizione finale. Il protagonista dell'anno è senza dubbio Barlassina, il quale si fregia non solo del titolo di capocannoniere di squadra (grazie alle 7 reti realizzate) ma anche, e soprattutto, del premio di miglior giocatore della Serie B assegnato dalla Gazzetta dello Sport, che lo preferisce ad un certo Franco Baresi, alfiere del Milan vincitore del campionato. Si distinguono positivamente anche Sorrentino, Morra, Casale ed il nuovo arrivo Mosti, anch'egli un giocatore dal fiuto del gol negli inserimenti in avanti. Poco continua e solida, invece, la difesa (che risulta essere la peggiore del campionato per il numero di gol subiti), ed altrettanto in difficoltà l'attacco, in cui né Piga, né Bonesso, né De Falco riescono a trovare con continuità la via del gol.

1981/82: DALLA SCALATA TRIONFALE AL CROLLO VERTICALE
Raggiunto l'obiettivo permanenza, Massimino programma ora il consolidamento in Serie B attraverso un mercato che rivoluziona l'organico e pone le premesse per coltivare il sogno del salto in massima serie. Nel reparto arretrato gli unici confermati sono la saracinesca Sorrentino, l'arcigno Ciampoli ed il terzino Mosti (il quale però viene spesso utilizzato a centrocampo). Labrocca, Chiavaro e Croci, protagonisti della promozione in cadetteria dell'anno prima, scendono in Serie C2 trasferendosi rispettivamente al Siracusa, all'Akragas e alla Lucchese. Saluta anche Salvatori, che passa al Pescara. Si riparte da Mirco Brilli e Renato Miele, una coppia di difensori proveniente dalla Spal. Dalla Serie C1, via Sambenedettese e Atalanta, si pescano invece i rincalzi Danilo Tedoldi e Federico Caputi. Ma il vero “colpo” di mercato è rappresentato dall'acquisto di Aldo Cantarutti, ventitreenne centravanti, tra i principali bomber della stagione precedente con le 12 reti siglate con la maglia del Pisa. Alla società di Anconetani vanno il cartellino di Casale e 900 milioni di lire (da qui l'appellativo “Mister Miliardo”, che richiama un film del 1977 che vede come protagonista il notorio Terence Hill). Alla punta friulana viene affiancato il coetaneo Angelo Crialesi, poliedrico attaccante scartato dall'Inter dopo il prestito al Brescia in Serie A. Il nuovo tandem offensivo colma le partenze di Piga (Reggina), Bonesso (che torna alla base, al Torino) e De Falco (che va alla Triestina dove esploderà, alimentando forti rimpianti). A centrocampo, il sacrificio di Casale è fronteggiato dall'arrivo dalla Sampdoria del mediano Enrico Vella. Il reparto è completato dai giovani Marcello Gamberini (prelevato dal Bologna) e dal jolly Giuseppe Testa, giunto in prestito dall'Inter. L'intenzione della società è quella di rinnovare la fiducia a Mazzetti ma sorge un intoppo regolamentare: per sopraggiunti limiti d'età, Sor Guido non può ricoprire il ruolo di allenatore. Per ovviare al problema il perugino riveste nuovamente l'incarico di dt, mentre in panchina, per una questione di forma, siede Giorgio Michelotti, icona degli anni '60.

L'inizio di stagione è a dir poco altalenante. Dopo una fortunosa vittoria sul campo del Foggia, si cade in casa col Varese e, soprattutto, si rimedia una scoppola (5-1) in quel di Pisa, alla quale si reagisce immediatamente con due vittorie consecutive al Cibali. Prima della trasferta di Pescara Michelotti fa un passo indietro e al suo posto viene promosso (sempre e solo formalmente) Salvo Bianchetti, da diversi anni nello staff tecnico del Catania in qualità di preparatore atletico e allenatore delle giovanili. La squadra trova finalmente continuità e all'8a giornata, dopo la prestigiosa vittoria esterna firmata Cantarutti contro la Lazio, è seconda in classifica. La ciurma rossazzurra, appena rientrata in Sicilia, viene festeggiata dai tifosi in aeroporto. Nelle settimane successive i ragazzi di Mazzetti perdono un po' di smalto in attacco, ma nelle occasioni in cui non sono in grado di portare a casa i due punti si dimostrano abili nel conquistare dei pareggi che consentono loro di rimanere appollaiati in zona promozione fino a Natale. Il 1982 si apre con un derby casalingo d'alta quota con il Palermo, terzo a pari punti. L'entusiasmo è alle stelle e 30.000 spettatori assistono allo spettacolo. Dopo lo 0-0 maturato al termine dei primi 45', i padroni di casa, in maglia bianca, nella ripresa si scatenano, sbloccando la gara con eurogol dalla distanza di Gamberini e chiudendo i giochi con due reti di rapina di Cantarutti, splendidamente imbeccato da Crialesi. Purtroppo prima e dopo il match si registrano dei nuovi scontri tra le tifoserie. Una settimana dopo gli etnei battono anche un'altra concorrente per il salto di categoria, il Verona, portandosi al 2° posto.

Dopo il giro di boa, nell'arco di sette giorni, il Catania affronta le due squadre che si sono affacciate prepotentemente alla ribalta del campionato cadetto: il Varese capolista ed il Pisa. Arrivano due pareggi in virtù dei quali la squadra dell'Elefante scende in terza posizione. Dal turno seguente comincia un tracollo che annulla ogni velleità. Per tutto il girone di ritorno, infatti, non si riesce più a vincere. Al Cibali arrivano solo pareggi, mentre in trasferta si raccolgono spesso e volentieri sconfitte, anche a causa di qualche decisione arbitrale negativa di troppo (come accade a Bari e a Genova contro la Sampdoria). Quando l'astinenza sta per sfiorare i tre mesi i tifosi perdono la pazienza e nel confronto interno con la Sambenedettese si rendono protagonisti di una sassaiola che costa una giornata di squalifica. Neanche il neutro di Reggio Calabria sortisce gli effetti sperati e contro la Spal arriva l'ennesimo pari. Per tornare alla vittoria c'è bisogno del giudice sportivo: nel derby di ritorno contro il Palermo gli ultrà rosanero “accolgono” il pullman che trasporta i giocatori rossazzurri a colpi di sassate. Una di queste raggiunge lo sfortunato Miele che finisce dritto in ospedale. “The show must go on” e sul campo i padroni di casa si impongono con il risultato di 1-0, ma la vittoria viene poi assegnata a tavolino al team di Mazzetti. Si tratta di ossigeno puro perché la classifica comincia a farsi preoccupante, quando al termine della stagione mancano solo tre giornate. Dopo la sconfitta di routine contro un Verona lanciato verso la vittoria del campionato, ecco che arriva finalmente il successo che rompe il tabù e regala la salvezza matematica: Vella, Crialesi e Cantarutti asfaltano la Cavese. Il campionato lo si chiude con un 2-0 inflitto al Rimini che vale l'8° posto in coabitazione con la Sambenedettese. In un'annata dai due volti suscita ammirazione l'immediato affiatamento tra Cantarutti e Crialesi (10 gol a testa). Nel reparto difensivo si salva il solo Sorrentino, che contiene il passivo, mentre in mediana trova consacrazione il talento di Enrico Vella.

1982/83: ALL'OLIMPICO SI FA LA STORIA
Dopo aver frequentato i quartieri alti della graduatoria nella parte centrale del campionato precedente, il Cavaliere alza ulteriormente l'asticella ed ingaggia il quotato tecnico partenopeo
Gianni Di Marzio, reduce da annate poco entusiasmanti in cadetteria con Genoa e Lecce, ma grande protagonista negli anni '70 sulle panchine di Catanzaro e Napoli. Seguendo le indicazioni del nuovo trainer, il presidente rivoluziona la rosa. Come vice-Sorrentino, salutato Dal Poggetto, si punta sulla diciottenne promessa Marco Onorati, proveniente dalla Roma. Il nuovo leader della difesa è l'esperto libero Giorgio Mastropasqua, elemento di categoria superiore che arriva dalla Lazio. Al club capitolino vanno il terzino Miele e, soprattutto, l'emergente Enrico Vella. Il nuovo reparto arretrato, privo anche di Brilli che passa alla Spal, è completato da Mosti e da due altri pezzi da novanta, che Di Marzio conosce bene per averli già allenati: si tratta di Claudio Ranieri, bandiera del Catanzaro che lascia la Calabria per dissapori col tecnico Bruno Pace, e Giacomo Chinellato, stopper della Cavese che ha dei trascorsi in Serie A con le maglie di Roma e Pescara. Assieme a quest'ultimo, da Cava de' Tirreni giunge anche il centrocampista offensivo Antonio Crusco. La mediana, già orfana di Vella, perde un perno del calibro di Barlassina, il quale scende di categoria trasferendosi al Taranto, portando con sé anche Renzo Castagnini. Servono sostituti degni di nota e la società si fa trovare pronta: il nuovo mastino di centrocampo è l'ex Avellino Maurizio Giovanelli, mentre ad illuminare il gioco ci pensa il regista Ennio Mastalli, faro dell'ottimo Varese di Fascetti. Non cambia nulla in attacco dove si punta sui confermatissimi Cantarutti e Crialesi. Un vernissage d'eccezione attende la squadra di Di Marzio dopo il ritiro di Bibbiena. Come accadde due anni prima, il primo turno di Coppa Italia dà alla piazza etnea la possibilità di misurarsi con i campioni d'Italia in carica. Stavolta è la Juventus di Trapattoni a calcare il prato (in verità assai irregolare) del Cibali. Nella circostanza “Le Roi” Michel Platini fa il suo debutto nel calcio italiano. Davanti a 31.000 spettatori, i giocatori in maglia rossazzurra dimostrano il proprio valore e sbloccano il risultato al 1° minuto con un gran colpo di testa di Mastropasqua. “Ammuccati sta puppetta” esclama Angelo Massimino, appostato dietro la porta del neo-campione del mondo Dino Zoff (secondo quanto riportato di recente dall'avv. Enzo Trantino ne “Il Russo-Azzurro”). I bianconeri pareggiano nella ripresa con Marocchino ma non intaccano l'ottima impressione destata dai padroni di casa.

18 agosto 1982: il presidente Massimino con Dino Zoff prima dell'inizio del match di Coppa Italia 



Dopo aver battuto l'altra squadra di Serie A presente nel girone (il Genoa), il Catania compromette la possibilità, comunque non messa in conto, di qualificarsi, perdendo contro il Milan sul neutro di Piacenza. I rossoneri sono appena tornati in cadetteria dopo una retrocessione conseguita, stavolta, sul campo. La presenza dei Diavoli e di una Lazio che non è ancora riuscita a tornare in massima serie rende complesso il cammino verso il sogno promozione, ma il precampionato dimostra che Morra e compagni hanno le carte in regola per provarci. E lo confermano sin dalla prima giornata, in cui espugnano lo “Zini” di Cremona grazie ad una botta di Cantarutti. Una settimana dopo il calendario offre la rivincita contro il Milan. In 35.000 assiepano gli spalti ed assistono ad una prova gagliarda dei propri beniamini. L'1-1 finale è frutto dei rigori di Franco Baresi e Mastalli. Nei successivi due mesi si assiste ad un paradosso: fuori casa la truppa racimola punti e consensi, come dimostrano i successi conseguiti a Lecce e Bergamo, mentre al Cibali paradossalmente si rallenta e si ottengono solo pareggi, anche a causa di un terreno di gioco che Di Marzio definisce senza mezzi termini come un “campo di patate”. Intanto, il mercato autunnale porta in dote un puntello per il reparto offensivo: Roberto Barozzi, ventiduenne jolly proveniente dalla Cavese. Proprio contro i metelliani arriva la prima sconfitta in campionato. Per la prima vittoria casalinga occorre aspettare il 21 novembre, giorno in cui gli etnei, finalmente convincenti, schiantano il Bari con un 3-0. La prestazione sblocca psicologicamente la ciurma che comincia a inanellare risultati positivi in serie. Complice la difesa più solida del campionato, lontano dalle mura amiche i rossazzurri riescono quasi sempre a portare a casa preziosissimi pareggi. I successi che proiettano in alto in classifica vengono raccolti al Cibali, tempio nel quale si esaltano Cantarutti e Crialesi e dove la Lazio capolista viene bloccata sul pari grazie ad un rigore generoso, conquistato in extremis da Barozzi. Al termine del girone d'andata, dietro i fuggitivi biancocelesti ed il Milan, il Catania occupa la quarta piazza, ad un solo punto dal “sogno”, in questo momento coltivato dalla rivelazione Cavese.

L'imbattibilità prosegue dopo il giro di boa, grazie agli 0-0 maturati contro Cremonese (rivale diretta) e Milan (a San Siro), e alla vittoria contro il Lecce che proietta la squadra al 3° posto in coabitazione con Como e Cavese. Segue però un periodo di appannamento, caratterizzato da due sconfitte esterne consecutive (rimediate a Reggio Emilia e Varese), alle quali si reagisce sfruttando il doppio turno casalingo contro Palermo e Cavese. I rosanero cedono grazie ad un rigore di Mastalli e ad un colpo di testa di Mosti, mentre i biancoblu sono puniti dallo stesso Mastalli (stavolta su azione) e da Barozzi. La vittoria contro i campani consente ai ragazzi di Di Marzio di operare il sorpasso e riprendersi la terza posizione, stavolta in solitaria. Ma gli etnei sono discontinui e sette giorni dopo perdono a Pistoia, facendosi scavalcare dal Como. Nonostante la sconfitta subita nel successivo impegno fuori casa contro il pericolante Bari, alla 31a giornata il Catania ha la possibilità di riagganciare i lariani sfruttando lo scontro diretto al Cibali. I lombardi tuttavia strappano uno 0-0 e mantengono i due punti di vantaggio. La svolta arriva a San Benedetto del Tronto, dove si torna a vincere in trasferta dopo sei mesi. Il sigillo all'1-3 finale lo mette Mastalli con una cavalcata leggendaria. Complice il crollo della Lazio, la situazione in classifica si fa equilibratissima: al 34° turno i biancocelesti, usciti con le ossa rotte da San Siro contro un Milan che festeggia già la promozione, vengono raggiunti da Cavese, Cremonese e Catania a quota 40, col Como che insegue a 38. Dopo due settimane di assestamento, alla vigilia degli ultimi 180' di stagione Lazio e Catania sono appaiate al 2° posto a quota 43, con le concorrenti che inseguono a un tiro di schioppo. Diventa così determinante lo “spareggio” che contrappone capitolini e siciliani alla penultima giornata. In 15.000 difendono i colori rossazzurri nella capitale, ma sono i padroni di casa ad imporsi, non senza una buona dose di fortuna. Per mantenere vive le speranze di Serie A il club di Massimino deve battere il Perugia e sperare che negli ultimi 90' la Cremonese, che ora presidia l'ambita terza piazza con un punto di vantaggio, non vinca a Varese. Il 12 giugno 1983, al Cibali, ne succedono di tutti i colori. Prima che la partita cominci, il custode dello stadio Angelo Grasso cede alle volgarità di alcuni incivili della Curva Sud e reagisce sparando con il fucile una dozzina di colpi, che uccidono il ventottenne metronotte Lorenzo Marino (estraneo alle provocazioni) e feriscono altri trentadue spettatori. Sul campo i grifoni gelano ulteriormente l'ambiente passando in vantaggio nel primo tempo. Nella ripresa i due trascinatori Cantarutti e Mastalli ribaltano la situazione (il gol della vittoria è frutto dell'ennesima serpentina del centrocampista). Dalle radioline arriva infine la notizia tanto attesa: la Cremonese è stata fermata sul pari.

Per decretare la squadra che seguirà Milan e Lazio in Serie A si rendono necessari degli spareggi, che coinvolgono, oltre ai siciliani e alla formazione allenata da Mondonico, anche il Como. La sede prescelta è l'Olimpico di Roma. Etnei e lariani aprono il sipario il 18 giugno. Il Catania, in maglia bianca e pantaloncini azzurri, fa la partita ma non trova il guizzo vincente, finché, al minuto numero 70, il portiere comense Giuliani smanaccia malamente un traversone giunto dalla fascia sinistra permettendo a Cantarutti di effettuare un immediato controcross, sul quale si fa trovare pronto Crialesi, che insacca con un poderoso colpo di testa. Inutile la reazione tardiva degli avversari: al fischio finale del sig. Agnolin i due punti vanno ai rossazzurri. Quattro giorni più tardi Como-Cremonese si chiude sullo 0-0: contro i grigiorossi a Di Marzio basterebbe conquistare un pari per festeggiare la promozione e ciò gli consente di preparare una partita di contenimento. Per la circostanza, il 25 giugno 1983 giungono a Roma 40.000 catanesi, protagonisti del più grande esodo della storia etnea, tra i più grandi di sempre anche a livello nazionale. Il catenaccio funziona a meraviglia per tutti i 90' e, quando il sig. Menegali da Roma dice che può bastare, partono i festeggiamenti per l'agognato raggiungimento della massima serie, che coinvolgono sia l'oceanica folla accorsa all'Olimpico che i tifosi rimasti in città, incollati alle radio. Onori e meriti vanno distribuiti tra un presidente che - nove anni dopo il rientro in società - ha completato il suo ostinato programma di rilancio, un tecnico che ha confermato le proprie doti taumaturgiche e un gruppo di professionisti affiatati, caratterizzato da una colonna vertebrale d'eccellenza: Sorrentino (portiere meno battuto del campionato), Mastropasqua, Mastalli (l'uomo dei gol belli e decisivi) e Cantarutti (capocannoniere di squadra con 11 reti). Menzione speciale, infine, per capitan Morra, il quale dopo otto anni di servizio supera Rino Rado e diventa il giocatore con più presenze nella storia del Catania (record tutt'oggi imbattuto).

1983/84: SCARSI, SFORTUNATI E PERSEGUITATI
Neanche il tempo di godersi la meritata gioia del ritorno in A che è già ora di programmare la nuova stagione. Il massimo campionato italiano negli anni '80 rappresenta il gotha del calcio mondiale. Per affrontarlo occorrono adeguati rinforzi e Di Marzio, confermato a furor di popolo, sfrutta il potere che si è costruito in città per ottenere dal presidente ciò che vuole. In alcune circostanze Massimino lo asseconda controvoglia, come nel caso della mancata cessione di Mastalli all'Avellino; in altre si fida, anche troppo, del parere del suo tecnico, come quando si reca in Brasile insieme a lui a caccia di rinforzi e torna con Pedrinho e Luvanor. Il primo è un terzino sinistro proveniente dal Vasco da Gama ed ha un po' di appeal, essendo nel giro della nazionale brasiliana (nella quale, comunque, funge da comprimario). Il secondo è un'acerba promessa del Goiás e gioca nel ruolo di centrocampista offensivo. Considerando che il regolamento dell'epoca impone ai club un tetto massimo di due stranieri, non si può dire che il Catania lo sfrutti affidandosi ad elementi di indubbio valore. Ciò nonostante sia la piazza che la stampa accolgono favorevolmente i nuovi arrivati. La campagna di rafforzamento è completata con acquisti mirati: l'esperto terzino destro Giuseppe “Tato” Sabadini, reduce da un quinquennio al Catanzaro, il centrocampista offensivo ex Cavese Ciro Bilardi e l'ala Fortunato Torrisi, che arriva dal Torino. Per il resto si conferma in blocco il gruppo promozione, eccezion fatta per alcuni outsider come Labrocca, Gamberini e Barozzi. Il precampionato è denso di avvisaglie dell'annus horribilis che attende la città dell'Elefante: l'ex squadra di Pedrinho, il Vasco da Gama, giunta alle falde dell'Etna per disputare un'amichevole, si impone con un rotondo 4-0; segue l'eliminazione dalla Coppa Italia, caratterizzata dall'ultimo posto nel girone e dall'inopinata sconfitta contro la Carrarese, compagine di terza serie.

Il campionato si apre con un pareggio a reti bianche con il Torino. Dopo la battuta d'arresto contro l'Udinese di Zico, si ritorna tra le mura amiche dove si pagano le pessime condizioni del campo e si impatta contro la Sampdoria, in cui si mette in luce un giovanissimo Roberto Mancini. Quindi si va ad affrontare il Milan a San Siro, dove la prodezza di Pedrinho è vanificata da un Chicco Evani in gran spolvero. Nonostante l'indisponibilità di Mastropasqua, alla 5a giornata giunge la prima (ed unica) vittoria stagionale. E' Cantarutti a stendere il Pisa al Cibali con una doppietta. Il Catania sale al 10° posto in graduatoria ma dal successivo impegno contro il Verona ha inizio la caduta libera. A novembre si prova a rimediare alle polveri bagnate dell'attacco acquistando la giovane promessa Andrea Carnevale dal Cagliari (ai sardi va in cambio Tonino Crusco), ma i risultati non cambiano. Arrivano sconfitte in serie: particolarmente dolorosa quella rimediata al “Comunale” di Firenze contro i viola di Antognoni, che infilzano per ben cinque volte il povero Sorrentino. Il 20 novembre lo stadio etneo accoglie la Vecchia Signora con numeri da capogiro: 45.000 spettatori e record d'incassi. La retroguardia rossazzurra resiste per 77', poi subisce gli implacabili Rossi e Platini. Dopo lo 0-0 interno col Napoli, Mastalli raggiunge Mastropasqua in infermeria: la squadra, già di per sé scarsamente attrezzata, è costretta ad fronteggiare il proseguo di stagione senza i due leader. Dopo l'ennesima batosta esterna (3-0 imposto dal Genoa al “Ferraris”), Di Marzio esaurisce il credito verso Massimino e viene esonerato.

Subentra Giovan Battista Fabbri, artefice del miracolo Lanerossi Vicenza nella seconda metà degli anni '70, ma reduce da alcune annate poco felici sulle panchine di Ascoli, Cesena e Reggiana. La situazione di classifica, quando “Gibì” si insedia, non è ancora del tutto compromessa, essendo la tredicesima piazza distante soltanto tre punti. Così, nella partita d'esordio del nuovo tecnico (Catania-Ascoli del 18 dicembre 1983), quando Angelo Crialesi porta in vantaggio i suoi con una sventola che mette fine a 692' d'astinenza realizzativa, il pubblico di casa sembra già pregustare un raddrizzamento di rotta. Ma a tre minuti dalla fine l'ex Carlo Borghi conquista il rigore che consente ai marchigiani di acciuffare il pari. Il girone d'andata si chiude con un 0-0 casalingo contro l'Inter di Radice e con otto punti in saccoccia, mentre il distacco dalla zona salvezza resta inalterato. Il 22 gennaio 1984 il Cibali, dopo aver ospitato “Le Roi” Michel, accoglie l'altra grande stella del campionato, Arthur Antunes Coimbra in arte Zico. Il brasiliano si esalta e sblocca il risultato con una precisa conclusione da fuori area. Quando al 90° il sig. Ciulli assegna una punizione dal limite ai friulani, tutto lo stadio invoca il numero 10 bianconero con un “Zico, Zico” rimasto nell'immaginario collettivo, che suscita ancora oggi opinioni contrastanti. Come per magia, l'asso carioca trasforma il calcio piazzato raccogliendo le ovazioni del pubblico etneo. Due turni dopo tocca al Milan di Castagner scendere in Sicilia, e la sfida ha per il Catania il sapore dell'ultima spiaggia, giacché si è sprofondati a -5 dalla quart'ultima (il Pisa). Nell'impianto di Piazza Spedini accorrono 30.000 spettatori: per loro non sarà un bel pomeriggio. Succede infatti che, dopo l'1-1 maturato nella prima frazione di gioco, Cantarutti si inventa al minuto numero 84 un gol fantascientifico (doppio palleggio e rovesciata), annullato inspiegabilmente dalla giacchetta nera Benedetti. Scoppia il finimondo: un inviperito tifoso rossazzurro invade il campo e tenta di aggredire l'arbitro, ma viene “placcato” da Ranieri e dalle forze dell'ordine (l'episodio costa un turno di squalifica del campo); Massimino invita i suoi a rientrare negli spogliatoi per protesta e si becca a sua volta un anno di squalifica. Il presidente è esasperato per quello che ritiene essere soltanto l'ultimo di una lunga serie di torti arbitrali subiti durante la stagione.

12 febbraio 1984: il caos dopo l'annullamento dello splendido gol di Cantarutti 



Quando, l'11 marzo, Sorrentino e compagni si recano sul neutro di Messina per il match con l'Avellino, sono già con più di un piede in Serie B. La mazzata definitiva arriva nel secondo tempo della partita disputata al “Celeste”: dopo il vantaggio firmato Carnevale, gli uomini di Fabbri subiscono il pari di Barbadillo, che realizza da posizione sospetta. Ciò scatena le ire della squadra e produce una nuova invasione di campo, anche in questo caso arginata in tempo. Il pareggio allontana sempre più dalla salvezza (che ora dista sette lunghezze) e la nuova follia costringe gli etnei a giocare lontano da casa altri due incontri. Da Messina ci si sposta a Palermo dove si perde con la Fiorentina e si impatta (1-1) con la Lazio. Contro i biancocelesti si registra l'ennesima decisione arbitrale contestata (il rigore che consente ai capitolini di evitare la sconfitta), a seguito della quale parte dagli spalti una sassaiola che costa altre tre giornate di squalifica. In pratica, da Catania-Milan in avanti, la compagine dell'Elefante trascorre tutta la restante parte del torneo lontano dalle mura amiche. Alla 26a giornata il 3-0 inflitto dal Napoli al “San Paolo” determina la retrocessione matematica. Dopo una capatina in quel di Cosenza (dove si perde contro il Genoa), un increscioso fatto destabilizza ulteriormente l'ambiente: la rissa tra Massimino e Sabadini, per la quale si scomoda l'Assocalciatori che ottiene di far iniziare le partite del 29° turno con quindici minuti di ritardo, a mo' di protesta. E' la penultima giornata e sul neutro di Palermo l'avversario del Catania è la Roma campione d'Italia, la quale deve vincere per mantenere le residue speranze di scudetto. Dopo lo 0-2 del primo tempo, nella ripresa gli ultimi della classe tirano fuori l'orgoglio e rimontano con Carnevale ed un rigore trasformato da Torrisi: la Juventus può festeggiare il titolo (più o meno la stessa cosa che accadrà trent'anni dopo). Il campionato lo si chiude in modo indecoroso con il 6-0 rimediato contro l'Inter al “Meazza”. Difficile, se non impossibile, trovare protagonisti da salvare al termine di una stagione così balorda, che spegne l'entusiasmo che era stato acceso con l'impresa dell'anno precedente, azzera la fiducia della tifoseria nei confronti del presidente, e consegna alla storia il record negativo di punti totalizzati nella Serie A a 16 squadre: soltanto dodici. Nel clima di rabbia e rassegnazione che si respira, tuttavia, l'uomo solo al comando studia già le mosse per ricompattare l'ambiente...