Classifica bugiarda

Simone Russini, gran protagonista

Simone Russini, gran protagonista 

L'analisi del match del 'Ceravolo': l’ottima prova degli uomini di Baldini conferma quanto di buono già espresso in precedenza.

Una premessa è d’obbligo. Si usa spesso l’espressione “partita da Serie C” per descrivere match caratterizzati da poca tecnica, gioco poco appariscente, palle lunghe, giocatori dietro la linea della palla, frequenti interruzioni, ecc. Insomma, il tipico calcio “pane e salame” all’italiana, declinato in senso dispregiativo. Ebbene, stavolta occorre fare i complimenti a Catanzaro e Catania, perché entrambe le squadre hanno sfatato il mito dell’anticalcio da terza serie, interpretando gli oltre 96’ di partita con principi degni di ben altre categorie. Se non fosse stato per i limitati mezzi tecnici di molti giocatori che hanno prodotto, inevitabilmente, diversi errori nel palleggio, avremmo potuto dire di aver assistito ad una gara simil Premier League, con due avversarie che hanno messo in campo parecchia intensità, hanno giocato a viso aperto, con continui ribaltamenti di fronte (salvo nel finale, in cui è maturata una fisiologica stanchezza e – nel Catania – una certa paura di perdere, visti i recenti trascorsi).

Catania da salvezza? Anche no
Ciò premesso, la prima considerazione che ci lascia in eredità il pareggio maturato al “Ceravolo” è che il Catania non merita l’attuale classifica. In tanti, nelle scorse settimane, probabilmente condizionati dai risultati e – soprattutto – dai problemi extracampo, si sono lasciati andare ad affrettati bilanci affermando che i rossazzurri sono una squadra che in questa stagione può ambire, al massimo, alla salvezza. Tra questi non solo comuni tifosi, ma anche giornalisti, opinionisti e, persino, un consigliere di amministrazione Sigi. Attenzione, non che si possa sostenere che la ciurma di Baldini possa coltivare chissà quali ambizioni. Già nell’analisi di fine mercato evidenziavamo che il valore dell’organico, in virtù di alcune lacune ed incognite, non lasciava sperare in qualcosa di più di un piazzamento tra i più bassi della zona playoff. Ma serve equilibrio ed obiettività, che non vengono rispettati se si cede al disfattismo cosmico cianciando di obiettivo salvezza.
Ebbene, il Catania ha dimostrato, anche ieri sera, di NON essere una squadra da zona retrocessione e la classifica non rispecchia il valore delle prestazioni fin qui espresse. Andiamo con ordine. Sconfitta senza attenuanti a Monopoli; vittoria indiscussa contro la Fidelis Andria; sconfitta inopinata ed assurda a Pagani, dove si pagano gli errori individuali in avanti e il pasticcio di Ercolani che porta al gol di Diop; sconfitta immeritata anche col Bari, a cui gli etnei tengono testa, a tratti addirittura accarezzano la possibilità di fare il colpaccio, prima che un orrore di Monteagudo a pochi secondi dal termine serva su un piatto d’argento la vittoria ai galletti. Morale della favola: al Catania mancano quattro punti: tre lasciati al “Torre”, uno nella sfida al “Massimino” coi pugliesi. Con quei quattro punti in più, sui quali nessuno avrebbe avuto nulla da ridire, Calapai e compagni si sarebbero trovati al 5° posto, a -3 dal Bari capolista, pur nella consapevolezza della penalizzazione in arrivo. Sia chiaro, non ha alcuna utilità pensare a quel che si è perso per strada ed accampare alibi, gli errori individuali servono a crescere e in questo senso, probabilmente, Monteagudo stasera non avrebbe giganteggiato in difesa senza il patatrac della partita precedente. Ma si tratta comunque di aspetti che vanno tenuti in considerazione per giudicare, ad un mese dall’inizio delle ostilità, il valore di questa squadre e le potenzialità, che sono da zona playoff ampiamente alla portata.
Perché il Catania è da playoff? Perché anche ieri sera, come già accaduto col Bari, altra fuoriserie del girone, non ha praticamente concesso vere e proprie palle gol. La rete subita è arrivata ancora una volta da un calcio piazzato (peraltro inventato). E ciò nonostante la criticatissima composizione del pacchetto difensivo e la filosofia di gioco di Baldini che, di certo, grossi aiuti ai difensori non ne dà. Eppure, basta una partita in cui i singoli non sbagliano e la porta, ben protetta da un Sala che pare offrire maggiori garanzie rispetto a Stancampiano, rimane inviolata. Il Catania è da playoff perché ha un grande potenziale offensivo, per l’atteggiamento che tiene in campo, ed un eccellente batteria di esterni d’attacco, che consente di creare spesso la superiorità, di orchestrare ripartenze pericolosissime e di guadagnare tanti calci piazzati. Se Ciccio Lodi fosse stato ancora un giocatore del Catania, stasera probabilmente avrebbe siglato una tripletta. Mi auguro perdonerete l’ennesimo “se”. Non è tutto oro quel che luccica ed infatti il potenziale offensivo di cui sopra viene mortificato da una certa difficoltà nell’aggredire come si deve l’area avversaria, vuoi per un certo attendismo dei terzini (probabilmente preoccupati dalle possibili ripartenze dei temibili tornanti avversari), vuoi per la cronica mancanza di un centrocampista che si inserisca. Ci ha provato Greco, peraltro a tratti alzato sulla trequarti, con pochissima incisività, finendo col lasciare troppo isolato un Moro che meriterebbe un maggior supporto.

Russini sprint, ritmi alti, ripresa conservativa
Rispetto alla sfida col Bari, Baldini ha apportato qualche correttivo. Detto di Sala (preferito a Stancampiano, pare, per problemi fisici dell’ex Livorno), una prima rilevante novità ha riguardato l’esclusione di Pinto, uno dei più chiacchierati delle ultime settimane, sia per prestazioni al di sotto delle aspettative, sia per dichiarazioni poco felici. Nonostante fosse a disposizione anche Ropolo, il tecnico ha puntato su Zanchi, ricevendo in cambio una prova caratterizzata da attenzione, abnegazione, ma anche alcuni passaggi a vuoto. Modifica invocata anche in mediana, dove Greco ha rimpiazzato Rosaia ma, come detto, con compiti differenti, essendo stato utilizzato come cavallo di Troia per sfondare sulla trequarti. In verità, il ragazzo di proprietà del Pordenone ha fatto vedere le cose migliori in fase di interdizione, sfoderando un pressing ed una capacità di recupero palla di “Welbeckiana” memoria, ma risultando ancora molto acerbo negli altri fondamentali. L’altro volto nuovo, dal primo minuto, è stato Simone Russini, il migliore dei suoi ed uno dei migliori in campo, al di là della splendida punizione del momentaneo vantaggio. L’ex Cesena ha sfoderato una prestazione impeccabile, con continui affondi in contropiede sulla propria fascia coi quali ha dimostrato di avere, in questo momento, una marcia in più rispetto al pari ruolo Russotto. Non solo: spesso e volentieri Russini, instancabile, ha garantito fondamentali ripiegamenti difensivi. Davvero una lieta sorpresa. Meno sorprendente è stato vedere Moro, e non Sipos, dal primo minuto, dopo il finale di Catania-Bari e la filosofia della staffetta varata da Baldini. Quelle poche volte in cui il terribile trio difensivo giallorosso gli ha lasciato un minimo spazio, il numero 24 ha fatto intravedere cose buone, guadagnando anch’egli ottimi calci di punizione dal limite. Per il resto, come dicevamo, è rimasto troppo isolato e non ha potuto incidere, stesso dicasi per il medesimo Sipos, entrato nel finale.
La partita è stata, sin dall’inizio, caratterizzata da ritmi di gioco insostenibili da sostenere a lungo, eppure entrambe le compagini sono state in grado di mantenerli per quasi tutto il primo tempo e riproporli, a sprazzi (soprattutto il Catanzaro) nella ripresa. I giallorossi hanno commesso l’errore di tenere troppo alto il baricentro, consentendo agli etnei di andare a nozze nei contropiedi, grazie agli spazi concessi sulle fasce dal 3-4-2-1 di Calabro. Spazi che soprattutto Russini è stato bravo ad aggredire con costrutto, mentre Piccolo ha deluso parecchio. Il gol del vantaggio è stato una conseguenza proprio di una ripartenza di Russini conclusa con un calcio di punizione guadagnato al limite dell’area. Dopo il gol il Catania sembrava in controllo del match, per quanto si possa parlare di controllo per una squadra di Baldini che, com’è noto, non rinuncia mai ad avanzare. Eppure il Catanzaro non riusciva ad andare oltre una costante pressione nella metà campo avversaria, qualche tiro da fuori e qualche calcio piazzato guadagnato. Persino il rigore regalato dal sig. Di Graci non ha cambiato l’inerzia del match, segno che anche dal punto di vista mentale, nonostante tutto e nonostante la classifica, gli etnei hanno risposto presente.
Ad inizio ripresa buon impatto del Catania che ha beneficiato della mossa del proprio tecnico, che ha alzato Greco accanto a Moro trovando spazi sulla trequarti coi quali ha ricominciato a frequentare i pressi dell’area di rigore giallorossa. Poi, però, è sopraggiunta una certa stanchezza, alla lunga una certa paura di buttare via un altro risultato e, soprattutto, sono sopraggiunti i cambi dei padroni di casa, con Calabro che si è appellato a tutte le proprie bocche di fuoco, tenendo in campo contemporaneamente Carlini, il subentrato Vandeputte e due punte (prima Vazquez e Cianci, poi Curiale e Cianci), rinunciando ad un centrocampista di contenimento e lasciando il compito di randellare prima al solo Verna, poi al solo Welbeck. Se non fosse stato per la stanchezza di cui si è già detto, il Catania avrebbe potuto approfittare di quest’assetto fin troppo sbilanciato adottato da Calabro che, ancora una volta, non ha prodotto grossi pericoli, a parte qualche calcio piazzato. Baldini ha operato scelte più conservative, con Biondi al posto di Piccolo e Rosaia al posto di Greco, quest’ultimo uscito malconcio dopo un’entrata per nulla ortodossa di Carlini. I successivi cambi sono stati dei classici “ruolo per ruolo” che non hanno garantito quello sprint in più che si poteva attendere, anche se Russotto un paio di buone intuizioni le ha avute. Il pareggio finale ha rispecchiato quanto si è visto sul terreno di gioco, anche se è stato macchiato dall’evidente errore del fischietto comasco, pareggiato (onestà intellettuale impone di evidenziarlo) da un possibile rigore non fischiato al Catanzaro nel secondo tempo per un braccio galeotto di Greco.

Con la Turris altro match a viso aperto
Tra due giorni si torna già in campo. Al “Massimino” arriverà una delle formazioni più in palla di questo inizio di stagione, la Turris di Caneo che, dopo la scorsa stagione, non è più una sorpresa. Si tratta di una squadra che non disdegna un gioco offensivo, come testimoniato dalla roboante vittoria in trasferta (1-4) contro la Vibonese dalla quale è reduce. Si tratta della tipica formazione con cui una compagine come quella di Baldini può e deve trovare gli spazi giusti per proporre il proprio gioco e colpire, pur dovendo raddoppiare l’attenzione in fase difensiva. Probabilmente non sarà a disposizione Greco, dimesso in tarda serata dall’ospedale di Catanzaro, mentre occorrerà valutare le condizioni di alcuni giocatori (su tutti Ceccarelli), nonché le necessità dettate dal turnover in considerazione delle tante partite ravvicinate. Non ci sorprenderebbe rivedere Rosaia, Pinto e Sipos dal primo minuto, con altri elementi come Biondi e Claiton che scalpitano per avere spazio. Quel che è certo è che occorrerà mirare ai tre punti, perché la Turris, per quanto temibile, non ha un organico superiore a quello del Catania e perché è arrivato il momento di riprendersi una classifica più aderente alla realtà.