Adesso, solo chiarezza!

Catania, delusione profonda...

Catania, delusione profonda... 

Max Licari sulla deludente sconfitta interna nel playoff contro il Foggia. Si salva solo Maldonado. La città, ora, esige risposte.

Forse, meglio così…
È dura dirlo, ma considerato l’approccio alla gara sciorinato dai rossazzurri, è meglio chiudere qui la stagione e pensare alla sopravvivenza della società, messa in serio pericolo dalle ultime “peripezie”, tanto per utilizzare un pietoso eufemismo. Malgrado Pellegrino e Guerini abbiano fatto di tutto per “ovattare” la squadra da tutte le voci circolanti nell’ultima settimana in città, la realtà dei fatti, il "campo unico giudice" ha detto che questa squadra non è riuscita a reggere le pressioni, al di là dei valori tecnici e tattici che potrebbe esprimere. Se a ciò aggiungiamo alcune scelte iniziali non particolarmente felici di Baldini e un arbitraggio da barzelletta, otteniamo questo 3-1 che qualifica meritatamente i “satanelli” foggiani al secondo turno, da giocarsi a Bari contro i “galletti” di Auteri. Il fratello di Keita Baldé, Ibou,è parso un incrocio tra Henry e Weah, quindi, non solo per colpe “tecniche” dei vari Giosa o Silvestri, bensì (soprattutto) per un chiaro frastornamento generale ascrivibile alle problematiche societarie mostrato dagli etnei fin dai primi minuti del match, sebbene poi, per buoni venti minuti della ripresa, si sia tentato un recupero, più con i nervi che con la testa. Si conclude, così, una stagione che, sotto il profilo tecnico, date le premesse, può essere giudicata positiva, al di là della legittima amarezza dell’uscita alla prima gara degli spareggi promozione. Obiettivamente, con questi “chiari di luna”, anche passando il turno, al “Menti” le possibilità di accedere alla fase nazionale sarebbero state minime; pertanto, il “danno” appare relativo. L’errore più grande sarebbe, adesso, abbandonarsi al solito, catanesissimo, “tutti a casa”, la solita solfa di sempre. La sconfitta rimediata contro il Foggia non può mutare i giudizi complessivi. Questa squadra ha una buona base cui aggiungere forza e qualità per poter lottare ai vertici in questa categoria. Tuttavia, attenzione, su quali basi? Sta tutto lì il “busillis”, ora più che mai. Alla Sigi è demandato un compito da far tremare le vene e i polsi: spiegare (lo si farà martedì a Torre del Grifo in una attesissima conferenza stampa) dettagliatamente, senza infingimenti, alla città, quale sia lo stato dell’arte “hic et nunc”, dall’offerta “irricevibile” di Tacopina alle prospettive finanziarie, dall’eventuale ingresso di nuovi soci al pagamento di scadenze/iscrizione e al progetto tecnico che, in una piazza come Catania, non può che voler dire “lottare per la promozione diretta”. Otto anni di C, un record, troppi…

Foggia, più gamba, più testa
Fin dalle prime battute della partita si è compreso come i rossoneri pugliesi avessero maggior birra in corpo e testa più libera. Il 3-5-2 di Marchionni, impostato su di un centrocampo robusto (molto bene Rocca), due “quinti” (Kalombo e De Jenno) pronti a fluidificare e una coppia d’attacco ben assortita (Baldé-Curcio), ha messo in scacco il 4-3-3 “quasi titolare” di Baldini (in buona sostanza, assente il solo Russotto), incapace di far gioco in mezzo, dove il solo Maldonado è parso in palla, nonché poco brillante sulle corsie laterali, dove Calapai e Pinto hanno disputato la peggior prova degli ultimi mesi, Piccolo è sembrato in evidente ritardo di condizione e la scelta di Reginaldo per Golfo (autore di una doppietta la settimana prima alla stessa difesa rossonera) non ha fornito i frutti sperati. Anche il rientrante Sarao ha pagato lo stop plurisettimanale, mostrando poca reattività sotto porta. Il gol in ripartenza di Baldé al 34’, complice un patatrac di Giosa, non può, dunque, stupire, così come la mancata reazione dei rossazzurri, incapaci di costruire azioni da rete. Nella ripresa, l’ingresso di Zanchi per il deludente Pinto e una predisposizione al pressing più marcata, illudono in direzione di una “rinascita” del Catania che, però, si infrange sulla clamorosa palla gol fallita da Reginaldo da due passi su cross di Dall’Oglio e sul susseguente palo di Maldonado (nettamente il migliore dei suoi). Una squadra che vuole andare avanti nei playoff non può permettersi tali errori. Errori che si pagano irrimediabilmente, come antica legge del calcio impone: al 64’ Curcio approfitta dell’ennesimo errore della coppia centrale difensiva etnea, si invola verso Martinez e lo batte in uscita. La partita, in pratica, finisce lì, sebbene i cambi offensivi di Baldini (dentro tutti gli attaccanti, da Di Piazza a Golfo a Manneh) e, al 68’, la punizione dai 30 metri dell’irriducibile Maldonado, complice una “papera” clamorosa di Fumagalli, riaccendano sopite speranze, spezzate inesorabilmente da un arbitraggio barzellettesco (incredibile un rigore non fischiato per nettissimo fallo in area su Dall’Oglio, nonché tanti fischi “a caso” da parte del signor Maranesi di Ciampino) e dall’ennesima fulminea ripartenza di Baldé che, al 72’, va via a Silvestri e batte ancora una volta da due passi l’estremo difensore spagnolo del Catania. Il resto, sostanzialmente, è solo frustrazione, tristi recriminazioni arbitrali e delusione profonda al triplice fischio finale che sancisce la fine della settima, consecutiva permanenza nell’inferno della terza serie per il glorioso Elefante etneo.

Un solo imperativo categorico: chiarezza
Ribadiamolo con forza: ora serve solo profonda sincerità nei confronti dei tifosi. Bisogna “riportare fedelmente e chiaramente” alla città come stiano le cose e cosa si stia facendo per salvare e rilanciare il Catania 1946. La Sigi dice che non si fallirà, bene: espongano dettagliatamente il “come” e il “perché”. Solo così sarà possibile far comprendere a un tifoseria stanca e delusa il (legittimo) rifiuto di una qualsiasi proposta che, sulla carta, comporterebbe comunque la salvezza della matricola. Let's go, Liotru, let's go!