Toro e Elefante: fra il ricordo di Superga e gli stadi che parlano di Catania

La commemorazione di Géza Kertész in Piazza Verga nel 2013

La commemorazione di Géza Kertész in Piazza Verga nel 2013 

Nel giorno del settantesimo anniversario della tragedia granata troviamo spazio anche per un po' di rossazzurro...

Lunedì 29 aprile 2019, il sole ha già timbrato il suo cartellino quotidiano. È già alto, anche se non troppo, ma basta per schiarire un cielo dai toni azzurro primavera. Limpido e placido, da nuotarci dentro, così come fan le rondini in questa stagione dell’anno. Lo smartphone squilla insistentemente, ma con una suoneria diversa. Non è la classica telefonata del “tu senti la mia voce, io sento la tua e le immagini prendono forma attraverso i nostri racconti”. Si tratta di una videochiamata che arriva dalla lontana Torino, puntuale, così come si mantengono le promesse, anche se fatte la notte prima. Già, la notte prima; conclusa con un “ci sentiamo/vediamo domani” dopo aver disquisito per ore su quanto avvenuto qualche ora prima a Cava de’ Tirreni, su un pareggio che ha il sapore di sconfitta e del…quarto posto finale. Col polpastrello dell’indice della mano destra sposto l’icona verde che ‘trilla’ sullo schermo dello smartphone e come per magia, anziché il volto del mio amico Emanuele Rizzo di “Quelli del ‘46, prende vita una cartolina: sopra i tetti, a sinistra del campanile del Duomo e della cupola della Cappella della Sacra Sindone, il sole, lo stesso che sparge colore nella mia Catania, rende più nitido il colle della storia che s’intravede in lontananza…

Il Colle di Superga in lontananza... (Foto: Emanuele Rizzo) 



«Vedi laggiù, oltre i tetti e il tempo, quello è il colle di Superga, l’eterna casa del Grande Torino».
La tragica storia di quel che accade quell’infausto 4 maggio di settant’anni fa è nota a tutti: la nebbia, l’aereo rientrante da Lisbona che si schianta, il disastro che mette fine alla realtà più bella del secondo dopoguerra italiano. La fine di una storia fatta di gloria e scudetti – 1942-43 e altri quattro di fila fra il 1946 e il 1949 – segna inevitabilmente l’inizio di un mito che non conosce colori e rivalità ma solo rispetto e venerazione.

«Emanuele, sei stato proprio di parola – sottolineo con soddisfazione –. Complimenti, hai una vista privilegiata, con un balcone che si affaccia sulla…storia! Bacigalupo, Menti, Ossola e Mazzola non sono mai andati via realmente, quanti stadi italiani portano i loro nomi…»
«Proprio così, Salvo, ce ne sono tantissimi di impianti sparsi lungo lo stivale: da nord a sud, da est ad ovest, senza distinzioni».

La lista è lunga, molto lunga, così tanto che appare quasi impossibile poter quantificarla numericamente. In ordine sparso: Romeo Menti è il nome degli stadi di Castellammare di Stabia, Montichiari e Vicenza; Mario Rigamonti quello degli impianti di Brescia e Lecco; Valerio Bacigalupo a Savona, Taormina e Donoratico (Livorno); Franco Ossola a Varese; Danilo Martelli a Mantova; Ruggero Grava a Claut, in provincia di Pordenone; Virgilio Maroso a Marostica; mentre Giuseppe Grezar è il nome del vecchio impianto di Trieste prima che gli alabardati, nel 1994, si spostassero al nuovo “Nereo Rocco”. A Putignano, in provincia di Bari, lo stadio si chiama "Torino '49", mentre "Caduti di Superga" è stato utilizzato a Vignola, Mola e San Prisco. "Superga 1949" campeggia a Muggiò, in Brianza, e a Mercato San Severino, in provincia di Salerno, si chiama semplicemente "Superga". Tuttavia, il nome più ricorrente, ovviamente, è quello del capitano Valentino…

«Di “Stadio Mazzola” – mi confida Emanuele – ce ne sono tanti: a Sant’Arcangelo, San Giovanni in Fiore, Cassano D’Adda, Venturina e a Taranto, quest’ultimo impianto demolito a metà degli anni sessanta».
«Qualcuno – aggiungo – si trova anche in Sicilia, vedi a San Cataldo e Misterbianco».
L’elenco è vastissimo, impossibile elencarli tutti, ma Emanuele Rizzo ha ancora frecce nelle sua faretra: «A San Benedetto del Tronto, recentemente, è iniziata la fase di demolizione dello stadio dedicato ai fratelli Aldo e Dino Ballarin, l’impianto del rogo del 1981, nome che è stato utilizzato anche a Chioggia e per il solo Aldo a San Felice Circeo, in provincia di Latina. Ezio Loik ha dato il nome degli impianti di Luserna San Giovanni e Monsummano. A Giulianova c’è il Rubens Fadini, ad Eusebio Castigliano hanno intitolato una tribuna del “Piola” di Vercelli, mentre il campo di Venaria porta il nome di Guglielmo Gabetto. Ovviamente, infine, c’è lo stadio “Grande Torino” che poi sarebbe il vecchio “Comunale” successivamente ribattezzato, nel 2006, “Olimpico”».

Quanti nomi, una lista lunghissima, da farci un articolo. Già, un articolo, ma io scrivo per CalcioCatania.Com e parlo di rossazzurro. Il buon Rizzo, però, è illuminante, sarà l’aria frizzantina delle Alpi: « Puoi farlo sugli ex del Catania, invece. Io ti posso dare una mano, se vuoi…»

L'immagine di Angelo Massimino nel murale di via Cifali 



«Bellissima idea, caro Emanuele, ma, onestamente, ne conosco pochi, due al massimo. A parte il nostro caro vecchio “Cibali”, intitolato dal 2002 alla memoria del Cavaliere Angelo Massimino, e lo stadio di Lanciano che porta il nome di Guido Biondi, non riesco ad andare oltre…».

La mia preoccupazione è scacciata all’istante da un rassicurante “tranquillo, ci penso io”. Emanuele è un fiume in piena: «A Giuseppe Vavassori hanno intitolato lo stadio della sua Rivoli, città dove nacque nel 1934. Il nome di Narciso Soldan, altro portiere, campeggia sullo stadio di Conegliano Veneto, in provincia di Treviso. A Gorizia, invece, hanno dato spazio ad Enzo Bearzot, calciatore del Catania anni cinquanta (95 presenze) e C.T. dell’Italia campione del mondo nel 1982. A Campagnola, nel bergamasco, c’è un impianto col nome dell’ungherese Géza Kertész, mentre nello stadio di Wuppertal, in Germania, c’è una tribuna intitolata al tedesco Horst Szymaniak. A Perugia hanno dedicato a Guido Mazzetti il piazzale d’ingresso dello stadio “Renato Curi”. Ah, ovviamente c’è la curva nord del “Dall’Ara” di Bologna intitolata a Giacomino Bulgarelli, direttore sportivo del Catania negli anni ottanta. A Mondovì, in provincia di Cuneo, si tiene un torneo dedicato a Luciano Limena organizzato dal fratello. A Leicester, infine, volevano realizzare una statua a Claudio Ranieri, ma la proposta non ha avuto seguito».

«E del murale che adorna il nostro stadio – aggiungo ironicamente – ne vogliamo parlare?».
La risposta di Emanuele è un sorriso compiaciuto, quello di chi non si prende i meriti per il grande obiettivo raggiunto, anche se dovrebbe.

Tanta roba, quanto basta per tirare giù un pezzo interessante. Il sole illumina Superga e Catania, ora e sempre. La penna è pronta a scrivere un articolo che già è stato scritto. Inconsapevolmente…