Tassi cutassi, Catania!

Gianvito, l'unico ad aver compreso dove si trovi...

Gianvito, l'unico ad aver compreso dove si trovi... 

Max Licari in merito alla sofferta vittoria sulla Lupa. Prestazione horror, condizione approssimativa. Solo Plasmati comprende...

Altra prestazione "horror"
Solo il risultato. Solo i tre punti. Per il resto, un’autentica, penosa “via crucis” per chi abbia avuto il coraggio di assistere a un tale “spettacolo”, che si trovasse al “Massimino” (fra pochi intimi) o che avesse avuto la malaugurata idea di accendere il computer. Prestazione letteralmente indecente, quella dei rossazzurri, al cospetto di una Lupa Castelli Romani dignitosa, guidata da un vero e proprio “istrione” in panchina, quel Palazzi che, a fine gara, è riuscito ad attirare gli applausi dei tifosi etnei. In realtà, lo dico senza ironia, è sembrato l’unico veramente a “tenerci” fra gli “attori” (virgolette d’obbligo) in campo. Non pensavo proprio che ci si potesse ridurre così; tuttavia, la situazione è chiara e bisogna prenderne atto. Giocando in tal maniera, difficilmente il Catania eviterà i play-out. Giocando così, contro una squadra viva come il Melfi, capace di andare a maramaldeggiare a Ischia (dove gli uomini di Moriero hanno rimediato l’ennesima figura ridicola), i rossazzurri non vinceranno. Giocando così. Così, senza gambe, senza testa, senza carattere, senza tecnica, senza grinta. Senza. L’unico ad avere idea di dove “stia di casa”, lo abbiamo ribadito più volte anche in precedenti commenti, è Gianvito Plasmati, non a caso il match winner. Uno che fa venti minuti ogni dieci partite rappresenta il giocatore più adatto alla categoria dell’intera rosa! L’unico che sappia cosa sia la maglia rossazzurra, cosa significhi, come si debba fare per onorarla fino in fondo. Gli altri, mi dispiace, non hanno capito niente. Tranne sporadiche eccezioni (Bergamelli, Nunzella, Di Cecco e…?) non lo intuiscono nemmeno, sembra addirittura che non abbiano proprio gli strumenti di base per percepirlo. Vedere giocare Russotto, Calil, Calderini, Agazzi, tanto per fare qualche nome “illustre”, nome di chi dovrebbe fare la differenza nella categoria, è triste. Per loro e, soprattutto, per chi assiste allo scempio. Il dramma è che questa soffertissima vittoria con jolly, giunta a 5’ dalla fine per grazia (Tassi) ricevuta, non serve a tanto in termini di classifica perché il già ricordato exploit esterno del Monopoli e le vittorie di Melfi, Catanzaro e Juve Stabia lasciano le cose come stavano prima. Tre punti in più per tutti, sotto con la prossima. E l’impegno del Catania si chiama Benevento in trasferta, mentre il Monopoli ospiterà la Casertana e il Catanzaro si recherà a visitare la già salva Andria…

A due all’ora
Molti pensano che il problema del Catania sia mentale, collegandolo alla difficile situazione societaria. Può darsi che tale componente incida, non lo metto in dubbio. Tuttavia, ritengo più probabile che, semplicemente, allenatori e giocatori siano inadeguati alla piazza etnea. Insomma, non siano “fulmini di guerra”, zavorrati in aggiunta da una preparazione atletica insufficiente. Il Catania va lentissimo, i calciatori sembrano quasi tutti pachidermi non in grado di fare un allungo di venti metri, con la sola eccezione del centrocampista Di Cecco, sia a Foggia sia in casa con la Lupa nettamente il più tonico e veloce. Fornire a questi ragazzi l’alibi della “situazione”, quando in fondo sono regolarmente pagati per fare una sola cosa, giocare a calcio, mi sembrerebbe dare il colpo di grazie alle già non elevatissime speranze di evitare i play-out. Non mi sembra, per esempio, che il 4-2-3-1 di Moriero sia sostenibile da un team che va a due all’ora. Per giocare in questo modo serve che i tre trequartisti si sacrifichino e corrano più degli altri, cosa che Bombagi (in sostanza, inesistente in campo), Russotto (irritante, inconcludente e protagonista di un errore sotto porta da matita blu), Falcone (leggermente meglio dei compagni sotto il profilo atletico, ma, tutto sommato, insufficiente dal punto di vista qualitativo) o Calderini (tatticamente confusionario e tecnicamente inadeguato) quasi mai fanno, con il risultato di spaccare in due tronconi distinti la squadra, lasciando al povero Di Cecco il compito di massacrarsi per tutti, il più delle volte senza costrutto, dato che il suo ipotetico “aiutante”, il Musacci o Agazzi di turno, evidenzia la mobilità del bradipo del cappuccio di Espirito Santo e una sostanziale incapacità a costruire trame razionali di gioco. Inoltre, il 4-2-3-1 mai e poi mai può presupporre una “non-prima punta” come l’attuale Calil, svogliato, inconcludente, incapace di tenere una palla e “detentore” di movimenti antitetici a quelli del centravanti puro. Il 4-2-3-1 necessiterebbe, invece, di un centravanti con le caratteristiche di Plasmati (non a caso il suo ingresso ha arrecato evidenti benefici). Un centravanti che, però, a differenza dell’ex Leyton Orient, sia in grado di giocare tre partite intere di fila. Detto questo, è facile capire come l’orripilante inefficienza del gioco del Catania abbia potuto irritare lo scarso pubblico presente, poi esploso di liberazione al gol vincente, fra l’altro propiziato da una “paperissima” del portiere ospite Tassi e, infine, prodigo di meritati fischi a fine gara. Non è possibile, a Catania, presentare uno spettacolo siffatto. La domanda che mi faccio è sempre quella: riuscirà il professor Petralia a far correre per una partita intera i nostri “eroi”, considerato che ne mancano quattro? Finora, obiettivo fallito, ma la colpa non può essere certamente sua. Come non lo è dei tre, quattromila presenti al “Massimino” o dei tifosi che, legittimamente, hanno deciso di disertare lo stadio, Gli striscioni presenti in Nord e in Sud sono chiari, non lasciano spazio a equivoci. Ed è un vero peccato, dopo l’ottimo inizio di stagione. Un patrimonio di passione pura e genuina, indipendente da qualunque vicissitudine societaria, gettato al vento con incredibile leggerezza da un gruppo (dirigenti, tecnici e giocatori) che ha fallito “in toto” l’unico obiettivo stagionale perseguibile; obiettivo che, a differenza di quanto qualcuno potrebbe pensare, non era la salvezza (retrocedere nei dilettanti, anche con dieci punti di penalizzazione sul groppone, sarebbe l’ultimo affronto), ma la possibilità di riavvicinare alla squadra una tifoseria abbattuta da due anni di minchiate senza fine. Fallito. Spiace, ma è così. E continuare a ripetere questo verbo, o il sostantivo corrispondente, fa molto male al sottoscritto come a tutti i veri sostenitori del Catania. Purtroppo, lo si deve fare, per l’ennesima volta, per il terzo anno consecutivo. Fallimento. Tecnico. L’unica cosa che interessa il tifoso.

Dignità
Illudersi che questa fragile squadra, per giunta non sorretta da adeguata preparazione atletica, possa andare a Benevento a cogliere punti sarebbe utopia. Anche se, lo sappiamo, il calcio è pazzo. Proprio per questo, mi auguro che Moriero, il quale recupererà Bergamelli in difesa, prenda atto dell’impossibilità di giocarsela alla pari, mettendo in campo una formazione umile, da “lotta per non retrocedere”, in grado di chiudere per quanto possibile gli spazi e sperare in qualche miracolosa ripartenza. Una squadra con qualche difensore e centrocampista in più e qualche supposto Figo o Giggs in meno. Di gente che passeggia in campo le squadre nella posizione di classifica del Catania non hanno che farsene. Se, per esempio, Moriero riproporrà un 4-2-3-1 stile quello di Foggia o quello odierno, consegnandosi al calcio champagne avversario e prendendo, inevitabilmente, dai tre gol in su, sapremo che le speranze di salvezza diretta sono ridotte al lumicino. Let’s go, Liotru, let’s go!!!