Tanto lavoro per Petrone...

Capitan Biagianti, altro pomeriggio di sofferenza...

Capitan Biagianti, altro pomeriggio di sofferenza... 

Max Licari sulla difficoltosa "prima" petroniana contro il Taranto. Urge una svolta pronta e vera...

Tempo di assunzione di responsabilità
Se il “pacchetto completo” degli alibi si era esaurito ad Agrigento, inducendo la società rossazzurra a operare una improcrastinabile svolta tecnica, sostanziatasi nella risoluzione del contratto di Pino Rigoli, con il conseguente ingaggio dell’ex trainer ascolano Mario Petrone, il match interno con il modesto Taranto ha sicuramente aperto la stagione dell’assunzione di responsabilità da parte di giocatori forse sopravvalutati. Parliamoci chiaro, nessun rilievo può essere seriamente mosso al neotecnico etneo dopo appena qualche giorno di lavoro a Torre del Grifo. Pertanto, la deludente esibizione sciorinata al cospetto dei volenterosi pugliesi di Ciullo va addebitata interamente ad interpreti palesemente inclini alla “stecca”, scesi in campo in modo alquanto svagato e, mi duole dirlo, non con la grinta necessaria a far dimenticare ai tifosi l'epocale disastro dell’Esseneto. È giunto il momento di assumersi le proprie responsabilità, lontani dal comodo “ombrello” costituito da un allenatore probabilmente “sfiduciato” dalla piazza ancor prima di cominciare, mai del tutto accettato nemmeno all’indomani di taluna prestazione convincente e forse troppo fragile per gestire situazioni così complesse. La squadra ha dimostrato pochezza di idee e gamba piuttosto molle rispetto a un avversario non trascendentale, ma difensivamente ben messo in campo e certamente più tonico sotto il profilo atletico. Non è questa la strada che conduce a play-off da protagonisti. E qui non si tratta di moduli o di scelte. Si tratta di “animus pugnandi”, di voglia di aiutarsi in campo, di “fare squadra”, le sole doti che ti consentono di vincere, al di là dell’intrinseco valore tecnico-tattico. Il Catania continua a dimostrare di non avere trovato la quadratura del cerchio proprio in tale direzione, prima che dal punto di vista del gioco e delle scelte tecniche. Petrone dovrà lavorare principalmente su questo e SUCCESSIVAMENTE sugli aspetti più propriamente tattici, altrimenti non si avrà alcuna speranza di far sognare i tifosi del Liotru. Onestamente, vedere in campo gente passeggiare contro onesti pedatori che ti mordono le caviglie e ci mettono le uniche qualità possedute, ma in grandi quantità, fa molto male. I supporters catanesi storicamente si incavolano più per questo che per il passaggio sbagliato o il gol fallito. Ovviamente, poi ci sono le risultanze tecniche, i moduli, il gioco. In merito a tali questioni, sospendiamo il giudizio, attendendo che Petrone possa far valere le sue idee e ne faciliti la traduzione in campo. Per adesso, non ci siamo per niente. Né sotto il profilo del gioco, né sotto quello della personalità. E la classifica comincia a divenire preoccupante pure in chiave play-off. Le concorrenti i risultati li fanno (in special modo la sempre piuù sorprendente Virtus Francavilla, ma non sottovaluterei nemmeno il Fondi, la Casertana o il Siracusa), diventa necessario svegliarsi e cominciare a correre, fare punti. Nelle due ultime gare, sconfitta esterna e pareggio al “Massimino” contro due formazioni ipoteticamente assai inferiori, inutile ricamarci sopra.

Un 4-2-3-1 poco incisivo
A mio parere, nulla può imputarsi a Petrone. Alzi la mano chi non aveva auspicato che scendesse finalmente in campo la formazione dei primi 45’. Difesa a 4, due mediani a protezione (di cui uno con compiti di regia) e i tre ragazzi di qualità (Di Grazia, Mazzarani e Russotto) contemporaneamente in campo a ridosso di Pozzebon. Io, almeno, l’avevo sperato. Inoltre, si faccia avanti chi, dopo un primo tempo così molle, non aveva invocato le sostituzioni poi tempestivamente realizzate da Petrone, a cominciare dal 60’ (Bucolo perl’inconcludente Scoppa, Tavares per lo spento Mazzarani e Barisic per l’acciaccato Russotto). Ciò che non era stato messo nel conto è che questo 4-2-3-1 non funzionasse. Non "gira" soprattutto a centrocampo, dove Scoppa non regge il ritmo complessivo del match e Biagianti si ritrova sommerso dalla responsabilità di dover da solo lottare contro l’onda avversaria, considerato che l’indispensabile ausilio dei trequartisti latita. Davvero pessima la prestazione delle tre mezzepunte rossazzurre, in specie quelle di Mazzarani e Di Grazia, mai capaci di determinare superiorità numerica e spesso in affanno nel proporsi fra le linee come punti di riferimento per gli appoggi dei centrocampisti. Risultato? Lanci lunghi dalle retrovie a non finire, in specie da parte dell’attapirato Marchese, sovente adirato con il compagno di turno. Tutto sommato, prima degli arrembanti 10’ finali, il Taranto era stato pericoloso quanto il Catania (diagonale un filo a lato Russotto al 27’, traversa di Lo Sicco al 43’). Troppo poco, davvero troppo poco, soprattutto in termini di trame di gioco e di personalità.

Un po’ meglio nel finale
Non a caso le migliori cose del Catania si sono viste negli ultimi 20’, a sostituzioni avvenute. Bucolo molto meglio di Scoppa sotto il profilo agonistico, Tavares più incisivo “sotto punta” di Mazzarani e Barisic (entrato al 78’) molto più mobile e “fisico” di Russotto. I rossazzurri hanno fatto quello che dovevano fare dal primo minuto: pressare il Taranto e chiuderlo a difendere affannosamente nella propria area. L’occasionissima di Pozzebon (miracolo di Maurantonio) al 85’ risulta emblematica, ma non sufficiente a salvare una prestazione complessivamente negativa, sottolineata dalla disapprovazione finale del comunque numeroso pubblico accorso al “Massimino”. È chiaro come questa gara servisse a Petrone per rendersi conto “live” del materiale a disposizione. Avrà visto e maturato le prime convinzioni. Pertanto, siamo sicuri che a Messina non potremo rivedere la stessa formazione. Al di là del sicuro rientro dell’indispensabile Bergamelli e del possibile recupero di Di Cecco, bisognerà prendere atto che alcuni giocatori (Scoppa, per esempio, ma anche l’attuale Mazzarani) non hanno il passo della categoria. Bisognerà ripartire dal’ultimo quarto d’ora e, magari, rivedere il modulo, forse inserendo un centrocampista in più (Fornito). Ma sono solo ipotesi. A Petrone la risoluzione del “busillis”. Possiamo solo prendere atto del fatto che mancano 12 gare alla fine e la prima delle “tredici finali” è stata “toppata”. Il tempo comincia a scarseggiare e serve una svolta vera, non solo a parole. Tatticamente, psicologicamente e caratterialmente si dovrà al più presto vedere un Catania totalmente diverso.

A Messina il primo vero “Catania petroniano”?
Un’altra settimana di lavoro consentirà al tecnico campano di entrare ancor più nelle teste dei giocatori e di rendersi conto delle necessità tecnico-tattiche più urgenti. Quindi, ci attendiamo che al “San Filippo” si assista alla prima vera esibizione del Catania targato Petrone. Magari, come ribadito nella conferenza stampa di presentazione, una squadra finalmente in grado di giocare per vincere con convinzione anche in trasferta? Non mi sento di azzardare previsioni e nemmeno sottolineare le grandi difficoltà societarie dei peloritani, problematiche che ipoteticamente dovrebbero favorire i ben più sereni etnei. Dopo quanto accaduto ad Agrigento, meglio tacere. E pedalare. Let’s go, Liotru, let’s go!!!