Sa...lento e prevedibile

Ennesima delusione...

Ennesima delusione... 

Max Licari sull'inevitabile sconfitta di Lecce. Un fallimento tecnico cui si dovrà rispondere con la chiarezza...

Situazione tecnica da “allarme rosso”
Apprezzo molto le parole di Giovanni Pulvirenti a fine match. Almeno, è stato chiaro e non ha illuso nessuno. Il Catania è stato messo in campo e il piano gara è stato impostato sulla base delle attuali potenzialità atletiche, tecniche e mentali dei giocatori a disposizione. Cioè, quasi zero. Sconfitta ampiamente prevista e “subita” quasi con fatalità dagli etnei, cui non si può certo rimproverare l’impegno, sebbene profuso senza alcun costrutto. Una squadra che in 90’ in pratica fa un solo tiro nello specchio della porta, contro le 4-5 nitide occasioni dell’avversario, condite dalle solite parate da fenomeno di Pisseri; una squadra che gioca da misera provincialotta a Lecce, cioè contro un’ipotetica rivale diretta; una squadra che per buona parte del match si attesta in 10 dietro la linea del pallone, rintanata nella propria metà campo alla ricerca del punticino; una squadra del genere nulla può recriminare. Nulla di nulla. Quindi, non mi va di dare addosso all’untore, al modulo, alle prestazioni dei singoli giocatori, a nulla. Questi siamo. Adesso. Prendiamone atto e cominciamo a pensare a come finire nel modo più dignitoso l’ennesima stagione da tregenda sotto il profilo sportivo, una stagione in cui, ancora una volta, il progetto tecnico non ha seguito il percorso “virtuoso” agognato. Contestualmente, immergiamoci in una prima “infarinatura di futuro”, magari incentrata sul lancio di qualche ragazzotto di belle speranze. A nove gare dalla fine, nelle condizioni e nella posizione di classifica in cui si trova il Catania, mi pare la cosa più saggia da fare. E, se Giovanni Pulvirenti è “sintonizzato” su questa frequenza d’onda, che ben venga. Fermo restando che nulla mi è dato conoscere sugli intendimenti relativi al prossimo futuro dell’Amministratore Delegato Pietro Lo Monaco, mi convinco sempre più che avrebbe poco senso mettere in carniere un nuovo tecnico “della disperazione”, cui si dovrebbe necessariamente fare un contratto di due stagioni, quando, a fine campionato, si avrebbe la possibilità di scegliere con comodo fra una rosa di "papabili" ben più ampia e tecnicamente forte. Già il Catania è giunto alla zampariniana cifra di tre allenatori nel giro di sei mesi, penso possa bastare! A meno che la società non voglia puntare su un allenatore “certo” fin da adesso... E l’unico nome che verrebbe in mente è quello del già “chiacchierato” Crespo. Ma, con tutte le controindicazioni del caso.

Solo colpa loro?
Purtroppo, la verità è che, anche quest’anno, pur non essendosi mostrati profili da Catania (come non lo erano i Pancaro e i Moriero), i tecnici chiamati al capezzale del "grande malato" sono stati sommersi da uno spogliatoio di non “adamantina purezza", caratterizzato peraltro da una composizione tecnico-caratteriale anomala. A questo proposito, la società starà sicuramente facendo una seria riflessione sugli errori commessi, errori che il campo, unico giudice, sta evidenziando in maniera palese. Questa è una compagine che non è ancora riuscita a trovare una propria identità tattica e che mostra incontrovertibili limiti tecnici a centrocampo, dove manca qualità e personalità. Evidentemente, a gennaio, pur rimanendo apprezzabili gli sforzi volti a dare una necessaria "aggiustata" all’attacco, non si è colmata la lacuna principale; in particolare, la mancanza di un “piano B” relativo al mancato ingaggio di Lodi sta pesando come un macigno sul futuro del campionato.

Chiarezza
Pertanto, preso atto dello “stato dell’arte”, ritengo sia indispensabile da parte della società di via Magenta fare chiarezza, "in primis" verso i tifosi, in merito agli obiettivi minimi da raggiungere in questo finale di torneo. Se, come pare possibile, si punterà su Giovanni Pulvirenti, che si indichino con schiettezza gli obiettivi “fattibili”, per esempio una salvezza certa (mancano pochi punti), il “risanamento” dello spogliatoio (con le conseguenti “epurazioni” del caso) e, come detto sopra, il lancio di qualche giovane di pronosticato valore. Cosìcché, tutto ciò che eventualmente verrà in più sarà da considerarsi un guadagno sicuro, al netto delle inutili e sterili illusioni, fra l’altro assai nocive a una piazza “segnata” come quella catanese, finora coltivate e fatte coltivare. Carusanza, parliamoci chiaro, con questi “chiari di luna” pure il traguardo minimo, il mero raggiungimento dei play-off indipendentemente dalla posizione finale (anche il solo decimo posto), appare assai difficoltoso. Il Catania (39 punti) è undicesimo e domenica prossima va a far visita a una Paganese (37 punti) inopinatamente rientrata nella lotta per i posti d’onore a seguito della splendida vittoria di Castellammare di Stabia. Alla perigliosità “storica” della trasferta, si aggiungerà la non prevista importanza del match sotto il profilo della classifica e lo stato di forma a dir poco scoraggiante di un Catania, per il quarto anno consecutivo, scoppiato atleticamente e mentalmente nel momento topico del campionato. E la domenica successiva, al “Massimino”, giungerà il Foggia…

Altalena di moduli
Prima a 4, poi a 3, poi a cinque, poi di nuovo a 4, adesso il ritorno a 3. Identità tattica: zero. Personalità: zero. A marzo inoltrato, questa è la fotografia nitida di un fallimento tecnico doloroso ma incontrovertibile. Il Catania ha alternato il 4-3-3 al 3-5-2, al 4-2-3-1 al 3-4-2-1 e a chi più ne ha più ne metta, senza mai trovare, se non a sprazzi, un minimo di sicurezza tattica. La scelta operata da Pulvirenti al "Via del mare", il 5-4-1 (perché di questo trattasi, visto che Di Grazia e lo rispolverato Mazzarani hanno per di più giostrato in mezzo al campo o sulla trequarti, abbandonando al proprio destino il povero Pozzebon), è il modulo della rassegnazione. Posso capire il neotecnico, ma così non si può andare da nessuna parte. Può trattarsi di una soluzione tampone per la singola, difficile gara, ma non certo della strada per concludere con dignità questo campionato. La verità è che i rossazzurri sono anche rimasti ordinati, chiudendo le linee di passaggio a un non trascendentale Lecce, ma non hanno quasi mai avuto la forza di ribaltare l’azione. E, quando ci sono sporadicamente riusciti, hanno sempre sbagliato le scelte finali. È vero, i salentini di mister Padalino non hanno sfondato l’attenta difesa dei tre centrali (i migliori in campo, insieme a Pisseri, del Catania), ma sono stati abili a trovare le soluzioni dalla distanza, un’arma sconosciuta all'undici rossazzurro. La realtà è che il Catania non funziona proprio in mediana. Palla sistematicamente dietro e “corta”, mai una verticalizzazione, mai un affondo palla al piede. Non ve ne sono le caratteristiche. E gli unici che potrebbero farlo, Di Grazia e Mazzarani (peraltro, nemmeno centrocampisti “di ruolo”), si ritrovano in una condizione atletica e mentale a dir poco pessima. Inspiegabile, per esempio, il motivo per cui l’ex modenese, palesemente in riserva dopo 45’, sia rimasto in campo per tutta la partita. Non è, quindi, una sorpresa che il Lecce, nella ripresa, trovi il gol decisivo grazie a un errore “triplo” del centrocampo catanese sull’ex messinese Costa Ferreira, bravo poi a fiondare dalla distanza e battere Pisseri all’angolino. E non è nemmeno una sorpresa che Pozzebon non riceva “una palla una” da scaricare in porta lungo tutto l'arco della partita. Facciamo un breve ripasso (metto dentro solo le “punte pure”): Calil e Paolucci prima; lo stesso centravanti romano e Tavares adesso. Stessa sterilità offensiva, (quasi) la medesima inefficacia negli schemi d’attacco. Solo colpa loro? Tutti scarsi? Non penso. Più semplicemente, non arriva loro un pallone giocabile, in conseguenza di una composizione tecnica errata della mediana. Tutti robusti “ rubapalloni” con doti tecniche non eccelse, scarsa propensione all’inserimento e carenza nella conclusione dalla distanza. Il problema sta a monte, non a valle. Ora, o si cerca di risolverlo “in prospettiva”, magari inserendo qualche giovane, nella consapevolezza degli errori cui si potrà incorrere, o si rimane così (e, in questo caso, meglio Scoppa fin dal primo minuto, almeno si avrebbe la speranza di una qualche episodica “illuminazione”), ruminando calcio fino alla fine e concludendo la stagione in maniera anonima, senza nemmeno aver speso quel tempo con profitto in prospettiva futura. Quali altre strade sarebbero percorribili?

Come a Pagani?
Come già accennato, la trasferta di Pagani assume connotati inaspettati. I padroni di casa si giocheranno la possibilità di rientrare a pieno titolo nella lotta play-off. E, contro un Catania del genere, possiamo star certi che lo faranno con la consapevolezza di poterci riuscire. A mio parere, la strada più intelligente da percorrere sarebbe quella di presentarsi in Campania con una squadra rinnovata, in grado di poter mettere in campo stimoli nuovi e diversi. In questa direzione, si spiegherebbe pienamente la scelta Pulvirenti. In caso contrario, con i “passeggianti” in campo, prevedo ulteriori dolori. E mi piange il cuore nel pronosticarlo. Let’s go, Liotru, let’s go!!!