Ricominciare insieme, nel segno dell'unione

Risorgere. Uniti!

Risorgere. Uniti! 

Max Licari lancia un accorato appello affinché si possa rinascere nel segno dell'unione tra fratelli rossazzurri. Basta divisioni!

Non mi accoderò al trionfalismo del trito, celebre e sempreverde "lo avevo detto". Non punterò il dito contro i fratelli che hanno in buona fede "creduto", anche a dispetto dell'evidenza più netta, perché è profondamente umano, nei frangenti di disperazione più acuta, tentare di attaccarsi a tutto. Del resto, gli "avvisi ai naviganti" non avrebbero, in ogni caso, cambiato di una virgola l'epilogo della vicenda, non avrebbero potuto incidere in nulla. Nulla sarebbe mutato. Non mi appunterò, quindi, medaglie al petto, perché ogni medaglia similare costituirebbe un'ulteriore coltellata al cuore sanguinante di ciò che rimaneva di 75 anni di storia, la nostra storia, il nostro sangue. Nessuna "soddisfazione" da becero individualismo tipicamente catanese. Anzi, esattamente il suo opposto.

E sì, perché proprio l'individualismo, il dannato individualismo deteriore, ossimorico rispetto al titanismo prometeico od ulisseo che porta a conoscenza e progresso, è la peggiore palla al piede allo sviluppo della nostra città. Purtroppo, nelle vicende rossazzurre degli ultimi anni, lo si è profuso a piene mani, complici tutte le categorie, dagli addetti ai lavori alle istituzioni, dai giornalisti ai semplici tifosi. Nessuno escluso, A torto o a ragione, arroganza, supponenza, spaccature, accuse, regolamenti di conti, antipatie o inimicizie personali sfocianti in mero pretesto per attacchi professionali, di tutto di più. Questo siamo, sempre pronti a puntare il dito contro chiunque, sempre maldisposti a sollevare il sederino dal divano, mettendoci la faccia, allo scopo di aiutare materialmente e fattivamente nelle difficoltà. In tutto ciò si è morbosamente convertita, quasi autocompiacendosene, la nostra piazza, grazie al sapiente lavoro di frantumazione operato dai veri responsabili di tutto questo scempio; coloro che, nel corso delle semidilettantesche gestioni amministrative e tecniche succedutesi dall'ultima retrocessione in B, hanno "manovrato" in modo sottilmente ambiguo gli umori della gente (utilizzo un eufemismo per non andare oltre). "Divide et impera", insegnavano i romani e la lezione ben è stata appresa dagli improvvisati adepti. Se la colpa è di tutti, la colpa è di nessuno, il subdolo "mantra" da veicolare... E, a Catania, la colpa è sempre degli altri, siamo costituzionalmente incapaci di fare autoanalisi serie e credibili, incapaci di far tesoro dell'esperienza susseguente ai numerosi errori commessi ai fini di trarne "insegnamento" in direzione di un evidente progresso nel futuro. Si è tentato di fare qualcosa a livello giornalistico, qualche mese fa, con l'iniziativa del network congiunto, certamente positiva, ma evidentemente solo una goccia nell'oceano dell'autoreferenzialità imperante alle falde dell'Etna.

Parliamoci chiaro, l'esito da Commedia dell''Arte cui approda oggi la vicenda Mancini non è altro che la scontata conclusione di un percorso tragicomico, quasi kafkiano, il quale non poteva che sfociare nell'autoelisione, nell'implosione endogena che stiamo ora, attoniti, vivendo con angoscia. Ma, se riusciamo, per una volta, ad essere pienamente onesti (in primis) con noi stessi, non possiamo meravigliarcene e abbiamo il dovere morale di prenderne atto "cum grano salis". Su di essa, su questa storiella da "Allenatore nel Pallone" in salsa terzo millennio, ahinoi "proiettata" a tutto schermo sulla pelle dei catanesi, non spenderò una parola in più, non lo merita. Non lo merita. Punto.

Ci tengo invece a ribadire come l'unica battaglia che avesse un senso combattere fosse quella per la salvaguardia di questi 75 anni di storia. I dati di fatto lo confermano incontrovertibilmente. Nessuna fila di raggianti aspiranti acquirenti, nessuna palingenesi rivolta al rapido rifiorire del Liotru attraverso capitali rutilanti provenienti dall'estero o, più umilmente, dal "Continente". Nemmeno ai prezzi assai più modici del post-fallimento, con un patrimonio costituito da un buon parco giocatori e una categoria più vicina alla B, l'unica speranza per un investitore serio e proiettato nel futuro, nell'ambito di questo ormai barzellettesco calcio italiano, di non disputare parecchi campionati unicamente "a perdere". Solo piccoli imprenditori locali, dalle risorse limitate, interessati a rilevare la squadra fra i dilettanti e, poi, al "comu finisci si cunta". Una battaglia ai limiti dell'impossibile che abbiamo fieramente combattuto e perduto insieme a tanti altri fratelli rossazzurri, una battaglia che avevamo quasi vinto grazie a Joe Tacopina, l'ultimo unico vero treno finalizzato al rilancio del calcio catanese quasi per caso transitato dalla nostra scalcinata stazioncina e lasciato deragliare proprio a causa della succitata "catanesità", perché siamo sempre "cchiù spetti di l'autri". Siamo orgogliosi di averla combattuta fino all'ultima goccia di sangue, questa "mission impossible". Siamo orgogliosi di aver profuso tutta l'energia che avevamo durante il disperato agone, utilizzando tutti gli strumenti mediatici di cui si poteva lecitamente disporre. Gli stessi strumenti che verranno messi a disposizione in funzione dell'auspicata rinascita, accompagnandola 24 ore su 24, al di là della categoria. Come sempre.

Adesso, e lo dico con il cuore in mano, dobbiamo cercare di capire come non si possa più pensare di continuare su questa strada, la strada della divisione, del cannibalismo mediatico, dell'autodistruzione. Lo dobbiamo fare tutti, nessuno escluso, nemmeno il più acceso degli "individualisti" può consentirselo. Basta. Basta. Basta!!!

Baaaaaaastaaaaaaa!!! Carusanza, per cercare di riprendere una strada "virtuosa" non possiamo non ricompattarci, abbandonare del tutto le inutili, sterili e starnazzanti diatribe da cortile e procedere uniti verso la ricostruzione. Tutti insieme. Una ricostruzione fondata su basi perfettamente antitetiche rispetto al passato. Se siamo tutti convinti che i modelli siano Bergamo, Sassuolo o Villareal, allora procediamo di conseguenza, impariamo dagli insegnamenti, durissimi, del recente passato. Quelle realtà si basano non solo su proprietà solide finanziariamente, ma su progetti a lungo termine basati sulla competenza e la condivisione con Il territorio. Progetti in cui l'apporto della tifoseria, fondato su di un cambio di mentalità a 360°, assume un ruolo decisivo. Solo così, con l'unione reale e non fittizia di famigerate e inesistenti "componenti" (che si riduceva al famoso "siete liberi di pensarla come dico io"), si potrà ripartire su basi solide e, soprattutto, richiedere a chi avrà l'onore e l'onere di gestire la squadra di calcio cittadina un comportamento manageriale e comunicazionale adeguato, lontano dagli orrori del passato. Lontano dal deprimente presente.

Se vi riusciremo, la resurrezione si materializzerà prima di quanto potremmo attenderci. Altrimenti, gli anni di tragico buio si protrarranno "ad libitum". Let's go, Liotru, let's go.