Passivo ingeneroso

Calapai costretto a sacrificarsi dopo l'infortunio di Tonucci

Calapai costretto a sacrificarsi dopo l'infortunio di Tonucci 

Il Catania paga oltre i propri demeriti la superiorità tecnica del Bari. Qualche dubbio sulle scelte di Raffaele.

Due indizi fanno una prova. Dopo la sconfitta rimediata, tra mille attenuanti, contro la Ternana, il Catania di Raffaele cade contro l’altra corazzata del girone, dimostrando di non essere all’altezza della lotta per la promozione diretta. Obiettivo, questo, in realtà mai ventilato dalla dirigenza, che però aveva in qualche modo ingolosito la piazza dopo le tre vittorie consecutive maturate ad ottobre. Adesso si può tornare a prendere contatto con la realtà, una realtà che dice che la società ha fatto comunque un ottimo lavoro in sede di costruzione della squadra, come dimostrato a tratti, sotto il profilo del gioco, anche stasera al cospetto della corazzata pugliese, sebbene qualche aspetto sia un po’ sfuggito di mano, in particolar modo nel reparto arretrato laddove ogniqualvolta un titolare viene meno l’allenatore deve inventarsi qualcosa. E quel Noce escluso dalla lista e condannato alla tribuna non sembra, al momento, una scelta opportuna, tanto più se compiuta per il tesseramento dell’ennesimo esterno, ovvero Pellegrini. Ma tant’è. Già il fatto di vedere uscire dal tunnel degli spogliatoi le maglie rossazzurre ornate dal vessillo identificativo del Catania ’46 è tanta roba, considerando ciò che stava accadendo in estate e l’agonia vissuta fin lì per mesi e mesi. Per il resto, l’organico etneo ha pregi e difetti coi quali dovrà convivere fino a gennaio, cercando di valorizzare i primi e nascondere i secondi, con l’auspicio che l’ormai annunciato ingresso di Tacopina contribuisca a chiudere il cerchio sia sotto l’aspetto societario che sotto il profilo tecnico. Intanto, però, c’è un girone d’andata da condurre nella maniera più onorevole possibile e i presupposti per farlo sembrano esserci.

Lo strapotere del Bari condiziona le scelte di Raffaele
Dopo la scoppola interna rimediata con la Ternana e con la prospettiva di affrontare l’ultra-offensivo Bari di Auteri, Raffaele prudentemente rimedita molte scelte ed opta per un condivisibile 3-5-2, nel quale recupera Tonucci ed utilizza per la prima volta la coppia di tornanti Calapai-Pinto, ovvero coloro i quali lo hanno indotto a costruire la squadra basandola su questo schema, sacrificando corpi estranei, seppur di un certo rango, come Curcio. Quel che non convince del tutto, e non convincerà alla prova dei fatti, è la scelta di puntare su una coppia d’attacco mobile, quella composta da Emmausso e Gatto, che non dà riferimenti agli avversari…ma neanche ai compagni, che quando riescono a sfondare non trovano l’area occupata da uomini da servire. Col forfait in extremis di Sarao, ci si sarebbe attesi l’utilizzo di Pecorino, che del numero 9 è al momento l’unica alternativa. Se non gli si dà fiducia neanche in questi casi, non si potrà mai capire di che pasta è fatto. Il ragazzo, peraltro, impiegato nel finale, si è ben disimpegnato, costringendo la difesa barese ad uno sforzo mai profuso in precedenza. Altra scelta parzialmente a sorpresa, ma rientrante in una comprensibile logica di turnover, è l’utilizzo dal 1’ di Izco, con Welbeck in panchina. L’argentino è stato protagonista di una prestazione a corrente alternata, caratterizzata da cose buone ed altre meno buone: di sicuro non è un giocatore finito come alcuni lo dipingevano al suo arrivo, anche se in questo momento converrebbe utilizzare dall’inizio gente più dinamica come il ghanese. Nel Bari, Auteri ha semplicemente l’imbarazzo della scelta. Squalificato Sabbione, in difesa lancia Minelli. A centrocampo deve rinunciare a Bianco e butta nella mischia Lollo, profilo da Serie B come buona parte degli elementi della rosa. Davanti si rinnova la staffetta Citro-Marras (un lusso anche per la cadetteria poter variare due giocatori del genere) con il secondo che parte titolare. Per il resto, confermati gli stessi uomini che pochi giorni fa hanno impattato a Monopoli.

Primo tempo un quasi capolavoro, rovinato dallo slalom speciale di Di Cesare
Contro questo squadrone, il Catania nel primo tempo fa una signora figura, perché in sostanza non concede niente, a parte un inserimento di Lollo, il cui colpo di testa a botta sicura è neutralizzato da Martinez. La squadra di Raffaele è attendista, in fase di non possesso si schiera a 5 dietro, e tende a ripartire sviluppando le proprie azioni sulle corsie, grazie alla proverbiale capacità di corsa di entrambi gli esterni (notevole il duello tra Calapai e D’Orazio, che si mettono in difficoltà a vicenda). Proprio dalla superiorità numerica guadagnata sulla fascia destra all’11° nasce il vantaggio rossazzurro, col radente di Calapai deviato maldestramente in porta da Ciofani. Il primo gol su azione del Catania 2020/21 è un autogol. Per il momento non si riesce a fare di più, anche perché manca, come detto, l’uomo che va ad occupare l’area di rigore, con Emmausso e Gatto intenti a fare molto, forse troppo movimento ai fianchi della difesa barese. Nella ripresa il numero 7 agirà di più da centravanti, con scarsi risultati. Il Bari quando attacca spinge a pieno organico cercando continue combinazioni sulla trequarti, mentre quando difende pressa altissimo. Ciò nonostante, Claiton e compagni controllano la gara apparentemente senza particolari sofferenze. Anzi, riescono ad imbastire un paio di ripartenze degne di nota, la più pericolosa quella condotta da Emmausso che serve Rosaia in area, ma il numero 8 non è un attaccante né uno stoccatore, e si vede. Il Catania gioca bene, con Maldonado che sprizza personalità e sembra avere già in mano le redini, ma in assenza di determinate caratteristiche più avanti viene a mancare il centesimo per fare l’euro e si tiene in partita il Bari. La beffa è rappresentata dal fatto che i galletti pareggiano con una discesa alla Alberto Tomba di nonno Di Cesare, con Izco, Calapai e Maldonado colpevolmente saltati come paletti di uno slalom speciale. Ulteriore beffa, il fatto che poco prima lo stesso Di Cesare si era reso protagonista di un intervento da cartellino “arancione” su Rosaia. D’Ascanio da Ancona opta per il giallo, la partita cambia direzione.

Il Catania si fa male da solo, ma si deve comunque fare meglio in avanti
Il secondo tempo si apre con lo scossone di Auteri: dentro la punta Montalto, fuori l’esterno D’Ursi, piuttosto sottotono nella prima frazione di gioco. Arretrando Antenucci sulla trequarti, il tecnico di Floridia spacca la partita, unitamente ad un Catania che comincia ad accusare un po’ di stanchezza, perde lucidità, e finisce vittima dei propri stessi errori, come quello che porta all’autogol di Claiton e quindi al vantaggio dei padroni di casa. Migliorabile la comunicazione tra il difensore e Martinez in uscita. Piove sul bagnato subito dopo con Tonucci costretto a fermarsi nuovamente. Non un bel segnale, dopo il forfait del match con la Ternana. Stavolta Raffaele mantiene la difesa a 3, ma sacrifica Calapai. Il numero 26 fa quel che può, limita i danni, ma è il reparto nel complesso a soffrire, come pochi giorni fa, dell’assenza dell’ex Juve Stabia. Il Bari trova molto più facilmente gli spazi, con i tre attaccanti che a turno attaccano la profondità ed eludono le marcature. Così arriva il 3-1, forse inficiato dal fuorigioco mica tanto passivo di Montalto, che poi lascia il pallone ad Antenucci e si va a piazzare in area per aspettare il passaggio del compagno e depositare il pallone in rete. Raffaele tarda più del dovuto ad operare i necessari cambi. A venti minuti dalla fine ridisegna la squadra con un enigmatico 3-5-1-1, con Welbeck che irrobustisce la mediana e Biondi a galleggiare dietro Pecorino. Qualcosa, in termini di reazione e produzione offensiva, si vede. Il tecnico di Barcellona Pozzo di Gotto fiuta il momento positivo e si gioca la carta Piovanello, passando ad un 3-4-3 più consono alle velleità di rimonta. Buono l’impatto dell’ex Padova che in pochi minuti convince più di Emmausso e Gatto. Ma a segnare è ancora il Bari, stavolta bravo ad approfittare di un retropassaggio orrifico di Biondi che mette in condizione Citro di entrare in area e guadagnare un penalty, poi trasformato a seguito dell’iniziale respinta di Martinez. Il passivo, obiettivamente, sembra esagerato, considerando che il Catania si è fatto male da solo in tre dei quattro gol subiti e su quello rimanente (quello di Montalto) sorgono dubbi sulla regolarità. Ma contro una compagine praticamente di categoria superiore, ci sta di pagare così caro le proprie leggerezze. Quel che va assolutamente rivisto, da inizio campionato, è il deficit offensivo che continua a preoccupare. Occorre creare di più, per poter valutare le effettive potenzialità degli attaccanti. Provvidenziale sarà il recupero di Piccolo, opportuno un maggior impiego di Pecorino, soprattutto se manca Sarao, ed anche Piovanello merita di essere valutato con un maggior minutaggio.

Ultima a Lentini e poi, forse, il derby
Domenica prossima, con ogni probabilità in quel di Lentini, il Catania tornerà ad affrontare una squadra più alla portata come la Vibonese. Guai a sottovalutare l’avversario, che nonostante il cambio in panchina maturato in estate (da Modica a Galfano) non ha perso di vista il 4-3-3 e l’atteggiamento offensivo, testimoniato dalla cinquina rifilata al Bisceglie dieci giorni fa. Sorvegliato speciale, lo smaliziato esterno Statella. La formazione calabrese ha un punto in meno rispetto a quelli conquistati sul campo da quella etnea (9 contro 10). Si tratterà, peraltro, del match che precederà l’atteso derby col Palermo, che ritorna dopo ben sette anni, emergenza Covid permettendo (ci riferiamo alle molteplici positività riscontrate di recente all’interno della squadra rosanero). La penalizzazione in classifica non consente di potersi godere il tesoretto di punti agguantato e non c’è distrazione da derby che tenga: adesso è il momento di giocare più a briglie sciolte e andarsi a prendere i tre punti.