Logica conclusione...

Delusione finale...

Delusione finale... 

Max Licari sullo scontato finale di un campionato deludentissimo. Urge reset totale e chiarezza sui programmi tecnici futuri.

Senza alcuna possibilità...
Nulla di più ci aspettavamo, nulla di più abbiamo ricevuto. Il Catania conclude la sua pessima stagione agonistica nel modo in cui l’ha mediamente condotta: senza capo né coda, senza carattere, senza gioco, senza corsa, senza attributi, tatticamente mal gestito al limite dell’autolesionismo. A Castellammare di Stabia si è consumato l’ultimo atto di un autentico calvario inflitto più ai tifosi che agli stessi “protagonisti” dell’ingloriosa cavalcata verso il Nulla. Nella partita in cui avevano un solo risultato a disposizione, la vittoria, i rossazzurri propongono l’ennesima pavida interpretazione sciorinata durante l’intero torneo: baricentro basso, tic-toc sterile in mezzo, zero verticalizzazioni, nessun tiro in porta. In 95’ minuti, nessuna parata del portiere di casa, un solo tiro più o meno pericoloso, a mezzo metro dal palo sinistro di Russo, da parte di Djordjevic, al 68’… Prima, durante e dopo, solo un pizzico d’orgoglio sostanziatosi nella volontà di non voler perdere in inferiorità numerica, tanta, tanta confusione e, soprattutto, la netta sensazione d’impotenza che ben conosciamo. Non ci credeva l’allenatore, non ci credevano i giocatori, non ci credevano nemmeno i tifosi. nessuno credeva di poter fare l’impresa, quasi come ci fosse la consapevolezza di non poter far niente di più che il compitino, di non avere le risorse per cambiare il proprio destino. Del resto, dopo aver visto a Caserta un tecnico sostituire, a mezzora dalla fine, il centravanti con un terzino proveniente da tre mesi di stop, affidandosi meramente alla Dea Bendata in funzione dell’accesso ai playoff (una sorta di “ammissione d’impotenza"), nessuno avrebbe potuto illudersi che lo stesso e i giocatori da lui gestiti fossero in grado di trasformarsi in un branco di lupi assetati di sangue e di garretti avversari. Che sia chiaro, ciò che procura maggior rabbia a chi porta il Liotru nel cuore non è la mancata qualificazione. Lo si sapeva che la Juve Stabia fosse più forte e più preparata, come i dieci punti in più realizzati in campionato testimoniavano. No, ciò che più amareggia è la tragica constatazione che, anche in una situazione in cui non c'era nulla da perdere e tutto da guadagnare, si è fatto zero patata per tentare di cambiare il destino. Avevamo, a tamburo battente, durante la settimana avvertito tecnico e giocatori che i tifosi sarebbero rimasti più soddisfatti di una sconfitta al culmine di un partita interpretata con coraggio, piuttosto che di un pari povero e timido… e, invece, proprio ciò hanno voluto propinarci! Esattamente il contrario di quello che ci aspettavamo! Un fallimento totale, questa stagione. Dalla scelta di Rigoli, al claudicante “vivacchiare” della prima parte di campionato, all’interregno petroniano, alla disastrosa “non-gestione” di Pulvirenti, fino all’ultimo scempio di una gara non giocata fin dall’inizio e, sostanzialmente, chiusa al 30’ in virtù della solita, incomprensibile scelta tecnica. Credetemi, alcune delle “evoluzioni” cui abbiamo assistito quest’anno rimarranno degli “unicum” nell’intera storia etnea. E le autentiche “chicche” ce le ha proposte Pulvirenti: lo “sciancatello” di Gil, la già citata sostituzione Pozzebon-Baldanzeddu al “Pinto”, la riproposizione di Parisi nella gara più importante della stagione, il cambio Di Grazia-De Rossi. Vere e proprie “follie” tattiche cui, speriamo, non avremo più la possibilità di assistere alle falde dell’Etna. L’aver giocato in 10 contro 11 dalla mezzora del primo tempo, ovviamente, non può essere considerata una scusante, ma una colpa ben precisa del tecnico.

Scelte incomprensibili
Un po’ tutti attendevamo la riproposizione della formazione di Caserta, con la speranza che il sodalizio rossazzurro potesse giocare una gara più propositiva e che, una settimana in più di lavoro, potesse averne migliorato la brillantezza atletica. Ci sbagliavamo. Pulvirenti pensava bene di far accomodare in panca uno dei migliori del “Pinto”, De Rossi, reinserendo lo squalificato Parisi, un ragazzo inadeguato tecnicamente alla piazza che, anche in passato, aveva dimostrato di non saper reggere le pressioni delle gare importanti. Una scelta tanto inaspettata quanto improvvida. Già dalla distinta avremmo dovuto comprendere l’inanità di ogni sforzo, poi confermata dall’atteggiamento tenuto in campo, fin dal primo minuto, dall’undici di mister Pulvirenti. Solito Catania basso, prudente, timido, incapace di organizzare gioco offensivo, inefficace, con quattro giocatori sostanzialmente nulli in campo: Parisi, Scoppa, Mazzarani e Pozzebon. Giocare in sette contro undici la gara più importante dell’anno non è consigliabile nemmeno al Real Madrid, figuriamoci a questo “povero” Catania. Purtroppo, non la prima volta che ciò accade. Quindi, con l’aggravante della recidiva. Non solo, la domanda che si fanno tutti i tifosi è la seguente: se, dopo 20-25 minuti, ti accorgi di aver fatto una “cappellata” a far giocare Parisi, asfaltato da Lisi (in pratica, non l’ha preso una volta che una) e, in aggiunta, il suddetto ti ha anche beccato un “giallo”, continuando a far acqua da tutte le parti, perché, con un atto di profonda umiltà, non lo togli subito invece di attendere l’inevitabile cartellino rosso, poi puntualmente giunto al 30’ per l’ennesimo fallo sul solito Lisi? Misteri della fede. Niente, la vocazione al masochismo di Pulvirenti imponeva che il Catania, necessariamente, giocasse in inferiorità numerica una partita che, già in 11 contro 11, aveva impostato in modo scarsamente propositivo. Un suicidio sportivo che, purtroppo, non inficia solo il lavoro di Pulvirenti, ma quello della società Calcio Catania tutta. Gara sostanzialmente compromessa e chiusa a un’ora dalla fine, senza quasi colpo ferire, senza un sussulto, senza la possibilità di poter illudere chicchessia. Un’autentica pena. Non solo. La successiva sostituzione faceva comprendere come si fosse completamente in barca e in balia degli eventi. Allora, hai due soli giocatori “di gamba”, in grado cioè di poterti indovinare la ripartenza estemporanea o la giocata in uno contro uno capace di regalarti una minima speranza, Manneh (poi risultato, ancora una volta, il migliore dei suoi) e Di Grazia. Che fai tu? Per inserire De Rossi, mossa inevitabile al fine di chiudere la corsia destra difensiva a Lisi, togli Di Grazia, invece che un passeggiante Mazzarani! Ebbene, allarghiamo le braccia. Che il resto della partita sia una penosa attesa del fischio finale, senza alcun tentativo di mettere in difficoltà l’avversario, non possiamo che ritenerlo scontato, visto comunque l’atteggiamento complessivo dettato dal tecnico. Invece di andare lì a battagliare dal primo minuto, cercando di far male a un non trascendentale contendente, si è andati ad attendere, speculare, su che cosa non riusciamo a comprenderlo! Nessun alibi, sia inteso, men che meno quello dell’espulsione, perché anche in parità numerica il Catania difficilmente avrebbe potuto cambiare atteggiamento (Caserta docet, in una partita da vincere e con i risultati in bilico fino al 90’, si è andati a consegnarsi alla benevolenza dell’avversario) e perché la colpa del precoce “rosso” è esclusivamente del Catania medesimo. Inutile, quindi disquisire del Nulla e del Vuoto Pneumatico di una ripresa in cui si è prodotto solo impegno misto a impotenza. Unica consolazione, la prova di De Rossi e Manneh, ancora una volta una spanna sopra gli altri, l’orgoglio di Bucolo, fra gli ultimi ad arrendersi, nonché l’efficienza difensiva di Marchese e Djordjievic, in ripresa rispetto a qualche settimana fa. Il resto, da Parisi a Scoppa, da Mazzarani a Pozzebon, da Tavares a Barisic, non è letteralmente pervenuto, in linea con la stagione orripilante disputata. Merito alla Juve Stabia e... a casa. Come è giusto che sia quando non metti i mezzi per cambiare il tuo destino.

Reset totale
Adesso, non è tempo di bilanci tecnici. I bilanci sono stati proposti "naturalmente" dal campo. E si tratta di fallimento. Solo partendo dalla serena accettazione di tale assunto, si potrà ripartire più forti e meno soggetti agli errori. È tempo, invece, di reset, di rifondazione. Il punto di partenza è questo: ci sono le risorse economiche per costruire una squadra vincente in una piazza che non potrà permettersi di rimanere più a lungo in terza serie? Ferma restando certa e scontata l’iscrizione al campionato, parrebbe che, fra Piano Finaria, risanamento ottimamente portato avanti da Lo Monaco e potenziali introiti di mercato, il Catania possa contare su tali risorse. Se così fosse, basterà non ripetere gli errori delle ultime stagioni. In primis, bisognerà partire da un allenatore “certo” e riconoscibile da ambiente e squadra. Sarebbe bene annunciarlo il più presto possibile, in modo da lanciare un segnale chiaro alla tifoseria. Si è fatto il nome di Gautieri… Bene, questo è il profilo adatto. Dalle indicazioni del mister e dal suo modo di giocare, si dovrà costruire una squadra che, a mio parere, non potrà puntare su “troppi” (direi, invece, pochi...) degli attuali giocatori. Se Pisseri e Bergamelli, i migliori, per motivi diversi difficilmente potranno rimanere, allora non potranno restare nemmeno i “passeggianti”. Sarà necessario puntare su forti elementi di categoria e qualche ragazzo proveniente dalla B, atteso che il regista già è stato ingaggiato, Ciccio Lodi, nonché Marchese e Gil appaiono sicuri della riconferma. Bisognerà fare una riflessione sugli “anziani” che, comunque, potrebbero ancora avere un futuro, da Di Cecco a Biagianti, mandare a casa le delusioni, da Parisi a Russotto a Mazzarani a Scoppa a Tavares a Fornito a Barisic. Urgerà riflettere, e tanto, sul deludentissimo Pozzebon. Non si potrà non puntare sui giovani, da Djordjevic (ancora venticinquenne) a Di Grazia a Manneh. E, cosa importante, sarà rilevante ragionare sui rientri, da Silva e Anastasi, che potrebbero tornare utili dopo aver fatto bene a Messina, a Calil e simili, da sistemare sicuramente altrove. Inoltre, sarebbe il caso di fare una decina di giorni di ritiro in alta quota (e non solo a TdG), nonché organizzare qualche amichevole probante, tutti “accorgimenti” utilizzati dal 99% delle società calcistiche, accorgimenti che da qualche tempo non vengono utilizzati a Catania. Insomma, un lavorone. Facciamo un grosso “in bocca al lupo” a Pietro lo Monaco, sul quale non nutriamo alcun dubbio in merito a competenza e attaccamento alla città e alla società: è la persona più indicata a far risorgere il Liotru. Senza le pressanti incombenze avute quest’anno, potrà occuparsi in maniera più continuativa degli aspetti tecnici e ottenere i risultati che tutti ci auguriamo.

Alla prossima stagione!
Questo è l’ultimo editoriale di una stagione difficile che, in ogni caso, ci ha visti come sempre in prima linea. Serie A o Serie Z, lo saremo sempre… Un saluto a tutti i fratelli rossazzurri e arrivederci alla prossima annata agonistica, con l’auspicio che possa essere quella della riscossa. Irresistibilmente, let’s go, Liotru, let’s go!!!