Kalifa...sì: tutto il resto è noia!

Manneh, delirio finale...

Manneh, delirio finale... 

Max Licari sul pari interno col Cosenza. Assetto a sorpresa stravolto, risultato minimo acciuffato grazie all'eroe Kalifa.

Ancora in cerca di un assetto definitivo...
Essere riusciti a raddrizzare una gara del genere attenua l’amarezza per l’ennesima occasione persa al “Massimino”. Tuttavia, non si può fare a meno di annotare come in due partite interne fondamentali per il futuro del Catania, Casertana e Cosenza, i rossazzurri siano andati in campo con due formazioni molto diverse e abbiano preso due gol in ripartenza nei primi 30’, mostrando voragini a centrocampo che una squadra che ha come obiettivo dichiarato la promozione diretta non può e non deve consentirsi. E non tanto per i due punti cruciali lasciati ai salentini, ora a 6 lunghezze di distanza con 12 match da disputare, quanto per il pericoloso reiterarsi di determinate “cadute” che non fanno dormire sonni tranquilli nemmeno nell’ipotesi che i rossazzurri debbano cimentarsi negli elefantiaci playoff in programma a fine torneo. Negli scontri diretti, anche nell’ottica dei 180’, fallire l’approccio e il risultato in quello che dovrebbe essere il “bunker” peer eccellenza di tutta la Serie C, il glorioso “Massimino”, risulterebbe letale. E siccome ciò che conta sono i fatti, i dati statistici ci dicono che il Catania in casa sta soffrendo troppo per una formazione di prima fascia. Di contro, è vero, si stanno facendo mirabilie in trasferta, ma non basterà se non si sistemeranno le cose fra le mura amiche. Le dichiarazioni postgara di mister Lucarelli faranno discutere a lungo, anche per la “crudezza” dei toni e i riferimenti a situazioni ambientali difficili e a possibilità economiche diverse tra le due società (si rimanda all’ottimo articolo di approfondimento in home page), ma adesso sembra necessario soffermarsi solo sulle questioni di campo, perché l’analisi della partita a quello deve riferirsi. L’impressione è che la differenza tra il Lecce e il Catania non stia nel budget o nel valore della rosa (i rossazzurri, negli scontri diretti, hanno conquistato 4 punti su 6), ma nella stabilità dell’assetto. Liverani, fin dal suo primo allenamento, ha deciso (inizialmente, a torto o a ragione) che il 4-3-1-2 fosse il modulo base cui votarsi e, da quel preciso momento, ha portato avanti quell’idea con coerenza. Cambia poco e cambia solo nell’ambito di quell’assetto. Sostanzialmente, finora ha ruotato un po’ solo il trequartista e le punte, in base alla condizione dei singoli o a eventuali infortuni. Lucarelli, di contro, ha cambiato spesso uomini e moduli, talora “adattando” giocatori a ruoli non usuali. Ha sperimentato molto e lo ha fatto anche in partite importanti, contro “parigrado” (o quasi) come Lecce, Trapani, Matera o Cosenza. Se andiamo ad analizzare i risultati delle ultime quattro gare con queste compagini (due in casa e due fuori), il Catania ha inanellato 3 punti su 12: pareggi con salentini, lucani e calabri, sconfitta al “Provinciale”. La domanda sorge, quindi, spontanea, anche nel caso in cui i Caccavallo o i Barisic, inventati “quinti” di destra nel 3-5-2, facciano bene (l’ex della Paganese ha ben giocato al “Via del Mare”, prima dell’infortunio, e lo sloveno ha disputato una buona prestazione, condita da gol, contro gli uomini di Braglia), se poi non vinci, se non raggiungi l’obiettivo per cui hai deciso di mutare un determinato assetto, a cosa ti è servito cambiare? A cosa ti è servito “indovinare” una prestazione? Senza contare quando ti va male, come nel caso di Semenzato "ala" a Trapani… Ciò che si vuole dire è che, magari, da qui alla fine del campionato, sarebbe il caso, indipendentemente da come poi possa concludersi, individuare finalmente una struttura tattica definitiva in cui inserire i giocatori (abbondanti e di qualità nell’ambito di un organico di prim’ordine per la categoria, basti andare a leggere la panchina del match con il Cosenza) nei ruoli più congeniali. Ad Andria, avevano giocato, nell’ambito del modulo prediletto, il 3-5-2, un esterno destro nel suo ruolo, un esterno sinistro nel suo ruolo, tre mediani nei loro ruoli, due punte vere nei loro ruoli. Ed era andata bene. Magari, e lo si dice con umiltà e sommessamente, senza voler fare alcuna polemica, si sarebbe potuto riproporre il tutto, inserendo il solo Rizzo al posto dell’acciaccato Biagianti e forse riproponendo uno dei migliori in campo del “Degli Ulivi”, quel Blondett che, a livello qualitativo, sembra più predisposto all’impostazione da dietro rispetto a qualche suo compagno (qualità che, in casa contro difese munite, può venire molto comoda). Naturalmente, sono considerazioni del tutto soggettive, ma sono domande che si sono posti molti osservatori e tanti tifosi del Catania. Domande legittime e del tutto rispettose, formulate con spirito costruttivo. In ogni caso, mancano 12 partite alla fine, ancora c’è tutto il tempo per fare il salto di qualità definitivo.

Avvio shock, pareggio meritato, Manneh eroe
Il Catania, malgrado un avvio veramente pessimo, non avrebbe meritato di perdere, in virtù di una ripresa comunque giocata con determinazione e condita da non meno di tre occasioni da rete nitide, oltre al gol segnato nel finale dall’eroe gambiano, Kalifa Manneh. Non si può, però, non notare come i primi 45’, raddrizzati da un gol di Barisic in combutta con l’estremo difensore ospite Saracco (improvvido nel mancato intervento sul proprio palo), siano da consegnare al museo degli orrori tecnico-tattici. Squadra spezzata in due, centrocampo in balia del ritmo di Bruccini, Palmiero e Trovato (migliore in campo), Lodi tamponato dal trequartista Mungo opportunamente inserito al fianco di Baclet (assente Perez) dallo scafato Braglia, esterni attivati a intermittenza e quasi solo sulla corsia destra (Barisic), un poco mobile Mazzarani galleggiante fra trequarti e attacco in un ruolo che chi scrive non ha compreso, Curiale isolato in attacco tra i tre centrali silani. Un mezzo disastro che viene punito regolarmente dalle imbucate centrali dei calabresi i quali, nel giro di 10’, fra il 17’ e il 26’, gelano i 10.000 del “Massimino” con due reti in cui Pisseri non si mostra certamente in un grande momento di forma. Paradigmatico il vantaggio del Cosenza: Mungo approfitta di uno sconsiderato passaggio arretrato di Mazzarani, si fa 50 metri di campo in cavalcata centrale e scarica in rete dal limite dell’area. Un gol subito in questo modo, a livello tattico, deve far riflettere. E molto. Così come deve riflettere il portiere rossazzurro in merito al gol su punizione dai 25 metri subito dall’ottimo Bruccini, in cui commette un chiaro errore, tuffandosi con troppa lentezza su un rasoterra non certo irresistibile. E meno male che, come già detto, Barisic accorcia quasi subito (29’), altrimenti sarebbe stata notte fonda. Malgrado, poi, nel secondo tempo il Catania abbia costantemente attaccato e Lucarelli abbia gettato nella mischia praticamente tutta la panchina, da Marchese a Ripa, da Manneh a Di Grazia, per finire addirittura al croato Brodic, non è che, soprattutto nei primi 10’, non si sia rischiato di prendere il terzo gol in un paio di ripartenze ben organizzate; ma, tutto sommato, la pressione si è mantenuta costante, anche grazie al naturale arretramento delle linee operato dagli ospiti, che a un certo punto hanno creduto veramente di poter resistere e fare il colpaccio. Decisivi i (tardivi) inserimenti del catanesino e del gambiano, due giovani di gamba che hanno impresso tutt’altra velocità alla manovra offensiva su entrambe le corsie laterali. Dopo aver fallito, anche clamorosamente, il gol con Curiale, Di Grazia (bravo Saracco) e Brodic, giunge l’uomo della provvidenza, quel Manneh che, troppo spesso lasciato a intristire in panchina, dimostra di avere il guizzo più fulminante a disposizione del tecnico livornese: Kalifa sbatte in rete da due passi un rimpallo in piena area piccola. A due minuti dal termine del match, arriva dunque il sospirato pareggio, sacrosanto ma insufficiente alle ambizioni della società. È il trionfo del ragazzo “adottato” dal pubblico catanese e, forse, l’alba di una nuova vita in maglia rossazzurra. Di gente con il cambio di passo, in questa categoria, ce ne vuole. E lui ha questa caratteristica fondamentale. Giusti, a fine partita, i cori d’incitamento a non mollare delle curve, ma questo pareggio, anche “benedetto” per come è giunto, non può non condurre a un complessivo “check-out” a livello tecnico-tattico, in modo da concludere il campionato nel miglior modo possibile e con un “abbrivio”, in caso non si raggiungesse la promozione diretta, favorevole. In buona sostanza, con una fisionomia certa e un assetto definito.

A Monopoli non sarà un gioco
Il Catania, vincendo un’altra partita in trasferta, uguaglierebbe il record di 9 vittorie conseguito da Pasquale Marino. Sarebbe il caso di conseguire tale traguardo già a partire dalla prossima gara di Monopoli, vista la concomitanza di Sicula Leonzio-Lecce al “Massimino”, un match sulla carta non agevolissimo per i giallorossi, considerato il buon momento del team bianconero allenato da Diana, capace di andare a maramaldeggiare (3-0) in quel di Catanzaro. Non che quella degli etnei sia gara meno difficile… I pugliesi, dopo un periodo negativo, si sono ripresi e adesso veleggiano al settimo posto con 34 punti. Inoltre, provengono dal 2-0 casalingo nel derby con l’Andria che sicuramente li avrà gasati. L’auspicio è che mister Lucarelli, al di là delle piccole polemiche scaturite dal postpartita di Catania-Cosenza, riesca ancora una volta a presentare in trasferta una formazione tosta, in grado di mostrare personalità. E di vincere… Let’s go, Liotru, let’s go!!!