Il Cosenza 'passeggia sui passeggianti'...

A testa bassa, passeggiando...

A testa bassa, passeggiando... 

Max Licari sull'indecorosa prestazione fornita contro il Cosenza. Squadra allo sbando, pantomima Drausio. Nota lieta, Di Stefano

Co...senza decoro!
Così scrivevo domenica scorsa:

-Il sabato pasquale ci regalerà, al “Massimino” il Cosenza (...) Dopo una prestazione del genere, non si cominci, per favore, a parlare di gara “spartiacque”, di “spareggio play-off” o amenità simili. Parliamo solo di una partita in cui giocare e correre con dignità, magari FINALMENTE mettendo in campo qualche ragazzo che, al momento attuale, meriterebbe di giocare più dei “passeggianti”-

Ditemi voi cosa ci sarebbe da commentare stasera? Forse, la peggiore partita, sotto tutti i profili, mai disputata in casa dal Catania nella sua storia, condita da orrori tattici e tecnici inenarrabili, oltre che da una pantomima che rimarrà indelebile nella memoria dei tifosi nei prossimi cento anni. Decoro? Dignità? Coraggio? Solo una sfida bella e buona all’intelligenza di coloro (pochi) che ancora hanno il fegato di andare a sostenere, con la propria presenza, la squadra allo stadio. Già dalla lettura delle distinte, si comprende come l’intenzione sia quella di bere l’amaro calice fino in fondo, di sprofondare quasi con voluttà nel baratro, senza voler far nulla per evitare di raschiare il fondo. Quando tu, contro ogni logica, rimetti in campo gli stessi che una settimana prima avevano passeggiato a Vibo, vuol dire che non hai proprio la percezione di quale sia la situazione. Oltre tutto, se, anche con defezioni così rilevanti, rifai sempre gli stessi errori, comincio a pensare che tu non abbia la possibilità di poter incidere sulla costruzione del lavoro settimanale. Insomma, se, per l’ennesima volta, decidi di giocare la partita almeno in otto contro undici, non mi lasci alcuna speranza di poter sperare in qualcosa di decente. Quello che si è visto al “Massimino” contro i calabresi di mister De Angelis va oltre ogni più nera previsione. Una pellicola horror infinita, che nel finale sfuma nel tragicomico, con il siparietto Drausio-Pulvirenti, un qualcosa di allucinante per una società professionistica; scene cui nemmeno in Terza Categoria è usuale imbattersi. Un giorno potremo dire di aver assistito pure a una sceneggiata del genere: giocatore seriamente infortunato, cui non solo viene dallo staff medico incredibilmente concesso di rientrare in campo, ma che si rifiuta platealmente, sebbene invitato chiaramente dal proprio allenatore (peraltro tramite la richiesta a un avversario di mettere temporaneamente fuori il pallone), di uscire dal campo con gesti inequivocabili, rischiando di tramutare il già serio acciacco in un qualcosa di molto più grave. Un giocatore che finisce la partita vagando per il campo e saltellando su di un piede come un ragazzino che gioca a “sciancatello”. Fuori di testa. Completamente. Già solo questa vicenda ci dice come l’attuale guida tecnica non abbia il polso dello spogliatoio e come non possa in alcun modo finire la stagione. Lo dico con il cuore in mano, considerata la stima personale nei confronti di Giovanni Pulvirenti: continuare a sottoporlo a umiliazioni del genere sarebbe accanimento terapeutico. Necessario che ritorni a occuparsi ottimamente della più importante squadra giovanile della società, senza ulteriormente deteriorare agli occhi dei tifosi un’immagine, fino a qualche settimana fa, adamantina. Non ha colpe specifiche, non merita una punizione similare. La cosa migliore sarebbe, per queste ultime tre gare, optare per una soluzione interna. Magari, affidare la panchina a gente che abbia una riconoscibilità presso i giocatori e l’ambiente, per esempio il duo Russo (patentino)-Mascara, in modo da chiudere la stagione mettendo in carniere il punto che serve al fine del raggiungimento della salvezza, avendo il Catania sei lunghezze di vantaggio sui play-out e dovendosi disputare Akragas-Monopoli all’ultima giornata. Inutile pensare a problematici play-off (Catania dodicesimo a quota 43, a due punti dal decimo posto). E, soprattutto, mettere definitivamente in naftalina i “passeggianti” che, dopo innumerevoli chance loro elargite a piene mani, hanno fallito su tutta la linea: tecnica, atletica e caratteriale. In campo i ragazzi, come Di Stefano, unica nota lieta dell’indecorosa prova offerta dai rossazzurri contro Statella e soci. Gente che corra, abbia entusiasmo e non faccia vergognare i tifosi. Poi, a fine campionato, a casa. A casa. Quasi tutti. Pochi, di questo attuale organico, meritano di indossare i sacri colori dell’Elefante. Un allenatore vero, un preparatore atletico che non fallisca miseramente come tutti quelli che si sono succeduti a Catania negli ultimi anni (incredibile il crollo fisico della squadra nel momento clou della stagione), i ragazzi del vivaio che meritano considerazione e molti giocatori nuovi che sappiano conquistare l’affetto della gente: questa l’unica ricetta da seguire per non mandare a carte quarantotto tutto il buon lavoro “dietro la scrivania” certosinamente portato avanti da Pietro Lo Monaco, i cui meriti amministrativi nessuno tocca, ma il quale deve prendere atto del fallimento di un progetto tecnico non adeguato alla bisogna.

Masochismo
Sarebbe quasi inutile analizzare una partita del genere. Un Cosenza ordinato che "passeggia sui passeggianti". Nulla di più. Mister Pulvirenti, contro una squadra che in trasferta fa meglio che in casa, avendo esterni e attaccanti adatti alle ripartenze come D’Anna, Statella, Letizia o Baclet, mette in campo i peggiori, cioè quelli atleticamente più a terra. Scoppa, Mazzarani, Tavares, Bucolo a mezzo servizio, Parisi in non perfette condizioni per via di un problema al polso. Solito centrocampo inesistente che non filtra e non produce (nettamente il peggiore della categoria), solito attacco poco mobile che ha nel solo Di Grazia e nelle pochissime accensioni di Russotto un minimo di verve. In panca i ragazzi, così come Pozzebon e lo stesso Barisic, il quale aveva fatto bene a Vibo. Scelte autolesionistiche e incomprensibili, abbondantemente sconfessate dal campo, puntualmente riproposte con pervicacia. Inevitabile il disastro, fin dai primi minuti. Primo tempo a senso unico, condito da orrori indicibili e svarioni da categorie dilettantistiche, come quello di Bucolo in area, che porta al vantaggio di Letizia e l’altro, ancora più clamoroso, di un Parisi frastornato (dopo qualche buona prestazione, il ragazzo è tornato a palesare limiti tecnici e difensivi invalicabili), che conduce al raddoppio di Statella. Catania lento, impacciato, quasi inerme in tutte le zone del campo, che può recriminare solo per un dubbio intervento in area su Russotto non sanzionato dall’arbitro Panarese. Per il resto, nulla di nulla. Una pena infinita. Un copione scontato, “telefonato” che, incredibilmente, ancora una volta viene riproposto da un allenatore in completa balia degli eventi e non in grado di gestire una situazione così delicata. Qualcuno potrebbe pensare che i cambi siano stati tempestivi, visto lo scempio prodotto nel primo tempo. E no! È la formazione iniziale ad essere inenarrabilmente sconclusionata. Uno tra Pozzebon e Barisic doveva giocare dall’inizio al posto di un “Piperissa” Tavares inopinatamente titolare. Il Di Stefano entrato a una ventina di minuti dalla fine (terzo cambio che poi conduce alla “pantomima” inscenata da Drausio) doveva giocare dal primo minuto al posto del deleterio Scoppa. E, magari, Piermarteri e Manneh, nel’ambito di una assetto tattico differente, dovevano essere impiegati al posto dell’arrancante Bucolo e dell’inconcludente Mazzarani. L’impatto sulla gara di Di Stefano, l’unico a tentare il tiro (tre volte) verso Perina nella ripresa, ci dice come siano solenni baggianate quelle che non vorrebbero l’impiego dei giovani al fine di “non bruciarli”. Questi, almeno, corrono di più e, forse, sono anche più forti tecnicamente! Ci auguriamo che questo match sia stato il discrimine ultimo utile a comprendere come la misura sia colma. A Monopoli, contro una formazione che si gioca la possibilità di evitare i play-out, sarebbe terrificante rivedere in campo quelli che camminano per onor di firma. Dovranno esserci almeno due o tre ragazzi in grado di garantire più sostanza atletica ed entusiasmo a un team allo sbando fisico e mentale.

Monopoli non è un gioco
Manca un punto. Alla salvezza… Facciamolo subito e poi chiudiamo con dignità, vocabolo sconosciuto di questi tempi dalle parti dei garretti di molti dei giocatori rossazzurri. Facciamolo con intelligenza, mettendo in campo i giovani che possano darci una mano. Del resto, peggio non si potrebbe fare. Una cosa è certa: di "passeggianti" non ne vorremo più vedere in campo. Che se ne prenda atto e si agisca di conseguenza. Le notizie che ci giungono vanno in questa direzione. Alla buon’ora... Let’s go, Liotru, let’s go!!!