Frosinone-Catania 1-0: la sfortuna degli imprudenti

Proseguono i rimpianti sulla gestione del mercato estivo da parte della società...

Proseguono i rimpianti sulla gestione del mercato estivo da parte della società... 

Il commento post-partita sottolinea le scelte sbagliate dalla società, amplificate dalle solita “sfiga” di turno…

Cartellini e contrattempi muscolari vanno di pari passo…
La trasferta di Frosinone è per il Catania l’ennesima sfida all’emergenza. Da quando il buon Sannino si è insediato sulla panchina etnea, non ne gira bene una, sotto il profilo dei giocatori a disposizione. Rinaudo out già dal pre-gara di Perugia (ultima della gestione Pellegrino); una serie impressionante di cartellini che fungono da preludio alle inevitabili diffide e alle conseguenti squalifiche che privano nella gara odierna Sannino di metà difesa (Gyomber e Monzon); la nuova serie di infortuni che, sulla falsa riga di quanto visto la scorsa stagione (nonostante l’arrivo del nuovo responsabile della preparazione atletica Ventrone) da inizio campionato ha tolto al Catania quasi mezza squadra, dai portieri Frison e Terracciano, ai centrocampisti Calello, Chrapek, Almiron e Jankovic, senza dimenticare il pregresso infortunio di Rolin. Una sequenza incredibile che meriterebbe delle spiegazioni.
Come se non bastasse, le medesime piaghe che affliggono il Catania da inizio stagione (cartellini e infortuni) non si rimarginano ma si allargano: da un lato, l’espulsione a Çani da parte di un Chiffi intransigente nell’occasione e molto più indulgente nei confronti dei ciociari, graziati più di una volta (in particolar modo Paganini, nervosissimo match winner); dall’altro, i due ulteriori infortuni, quelli di Capuano e Spolli, che vanno a rimpolpare ulteriormente l’infermeria. Infermeria che dopo essersi scientificamente accanita contro un singolo reparto, quello del centrocampo, che registra la lieta notizia del recupero di Calello e Chrapek (apparsi arruolabili anche se non al meglio) adesso priva Sannino della possibilità di schierare la difesa titolare, reparto che il tecnico di Ottaviano considera importante quanto lo sono le fondamenta per la costruzione di una casa.

Prevenire sarebbe stato meglio di curare…
Insomma, ci sarebbero anche i presupposti per prendersi il lusso di invocare l’alibi della sfortuna. Ma questo il Catania, e nello specifico la società, non può permetterselo. Perché i proclami sull’immediata risalita e sulla comprensione degli errori della scorsa stagione risuonano sin dal post-partita di Catania-Atalanta, ultimo match del campionato 2013/14. E sulla base di tali proclami ci si aspettava che venisse costruita una rosa più forte di qualsiasi avversità, invece di dover subire i limiti oggettivi dell’organico (come il povero Maran che lo scorso anno fu costretto a schierare Keko da vice-Bergessio a seguito del mancato arrivo della punta di riserva). Cosa che non è stata fatta, perché se da un lato, sul versante dei titolari, la società ha fatto le cose per bene riprendendo Rinaudo (un lusso per la B) e portando alle pendici dell’Etna gente del calibro di Calaiò e Rosina, subito entrati nell’ottica della missione, dall’altro ha curato con troppa superficialità, se non addirittura sottovalutato, la questione del parco riserve. Analizziamo per esempio il reparto difensivo: dando per assodato che gli etnei giocano a 4 dietro, una squadra che punta senza se e senza ma alla promozione dovrebbe avere otto giocatori all’altezza (due per ruolo). Invece, nel settore dei centrali, pur essendo consci della lungodegenza di Rolin, in aggiunta a Gyomber e Spolli è arrivato il solo Sauro. E’ anche vero che sin dalla scorsa stagione è stato avviato l’esperimento di Capuano al centro della difesa, ma se sottrai Ciro dal ruolo di terzino sinistro, chi funge da alternativa a Monzon? E sul versante destro, chi è il vice-Peruzzi? L’unico terzino in panchina quest’oggi, e da inizio campionato, è Tino Parisi. Senza nulla togliere alla promessa ex Akragas, giovane di prospettiva, una società che punta al salto diretto non può permettersi un tale rischio. E non se lo è preso neanche Sannino, che ha preferito evitare al ragazzo i fantasmi di un debutto difficile sacrificando ben tre giocatori per disegnare l’assetto difensivo nel finale di partita: Martinho è andato a fare il terzino sinistro; Peruzzi si è accentrato; Garufi, altro giovane “allo sbaraglio”, è stato schierato nel ruolo, non suo, di terzino destro, rispondendo peraltro con personalità. Una gestione più oculata del mercato non avrebbe potuto impedire infortuni e sfortune, ma avrebbe quantomeno permesso a Pellegrino prima e Sannino poi di ovviare meglio alle emergenze che in un campionato lungo, fisico e snervante come quello cadetto sono sempre dietro l’angolo.

Imperativo categorico: non perdere più la testa
Sotto il profilo dei cartellini, poi, ci vorrebbe un intervento serio del mister. Sannino ha già detto più volte a gran voce che in Serie B ogni squadra che incontra il Catania dà il massimo e anche di più, perché in cadetteria i rossazzurri godono di un certo prestigio, com’è ovvio. Proprio per questo motivo, bisognerebbe calarsi nella realtà, prevedendo l’eccessiva irruenza di certi avversari, e le scientifiche provocazioni volte a far saltare i nervi, per pareggiare lo squilibrio tecnico. Questo i ragazzi ancora non l’hanno capito. Interventi duri diretti sulle gambe, come quello di Peruzzi nel primo tempo; braccia larghe ad anticipare il lancio avversario (Castro); reazioni inutili di Çani prima e Martinho poi. Bisognerebbe evitare di commettere simili ingenuità e lasciarsi trascinare nella bagarre.

Dal “Matusa” alcuni buoni segnali; contro il Bari sarà come con il Pescara?
Della partita vera e propria resta poco da aggiungere. Il Frosinone è una delle rivelazioni di inizio campionato, ma al cospetto di un Catania rimaneggiato come quello attuale, non ha certo brillato sotto il profilo del gioco. E’ parsa una formazione simile alla Pro Vercelli, enormemente affamata, mai doma, e con giocatori all’altezza nei ruoli chiave (Soddimo, Gucher e Ciofani). Di fronte ai gialloblù il Catania ha giocato prevalentemente di rimessa, dove ha creato buoni presupposti ma ha sprecato a causa delle imprecisioni dei contropiedisti di turno (Castro su tutti). Aver tenuto botta dopo gli infortuni di Spolli e Capuano e l’espulsione di Çani, e aver provato con grinta a cercare il pareggio nel convulso finale, è il segnale che questa squadra sa lottare nelle avversità, come desidera il nuovo trainer. Adesso bisogna serrare le fila, fare la conta dei disponibili, e prepararsi a un nuovo match da infarto contro l’ambizioso Bari di Mangia, anch’esso in crisi d’identità e soli tre punti sopra la squadra dell’Elefante. L’auspicio è quello di rivedere l’intensità che non è mai mancata nelle poche gare della gestione Sannino, unita a un pizzico di buona sorte che, come dimostrano sia la vittoria contro il Pescara che la sconfitta odierna, in Serie B può far spesso la differenza.