Daspo a Pulvirenti spiegato nel dettaglio dalla Prof.ssa Busacca

L'ex presidente del Catania Pulvirenti.

L'ex presidente del Catania Pulvirenti. 

La docente di Diritto Sportivo spiega in una nota articolata e tecnica presupposti e motivazioni del Daspo.

Attraverso nota articolata e tecnica, la Prof.ssa Angela Busacca ha esposto nel dettaglio i presupposti e le motivazioni del Daspo comminato all'ex presidente del Catania Antonino Pulvirenti, provvedimento, quest'ultimo, che ha generato un vivace dibattito sulla scorta di quanto espresso nella conferenza stampa in Questura e delle stesse dichiarazioni “a caldo” di Pulvirenti. Di seguito, riportiamo il testo integrale della Prof.ssa, precisando che non è stato consultato direttamente il provvedimento di Daspo.

TUTELA DELL’ORDINE PUBBLICO E “POTENZIALE” PERICOLO PER LA PERSONA: PROFILI DEL DASPO NEL CD. “CASO PULVIRENTI”.

§1. Introduzione. Il nuovo “caso Catania”.
Nell’ambito dell’ennesima estate scandita dai tempi e dalle udienze dei processi sportivi per illeciti e scandali legati allo svolgimento dei campionati nell’attesa della definizione dei ruoli e dei calendari della prossima stagione dei campionati di serie B e Lega Pro, ha destato particolare interesse il provvedimento del questore di Catania che ha comminato un Daspo di 5 anni all’ex presidente ed ad alcuni ex dirigenti della squadra etnea, attualmente sotto processo per illecito sportivo per la (presunta) combine di cinque gare al fine di mantenere la permanenza nella serie B.
L’inchiesta, denominata “i treni del gol” a causa di alcune formule utilizzate nel corso delle comunicazioni tra i dirigenti della società ed altri dirigenti ed atleti di altre squadre, ha determinato l’innescarsi di un processo, attualmente in corso davanti al Tribunale Federale, nell’ambito del quale, in considerazione della condotta collaborativa tenuta dall’ex presidente della società (che ha ammesso sin dai primi interrogatori la propria responsabilità) le richieste della Procura si sono sostanziate nella retrocessione nella serie immediatamente inferiore (Lega Pro) con una penalizzazione, da scontare nel prossimo campionato, di 5 punti. In attesa della sentenza sportiva (che dovrebbe arrivare tra il 19 ed il 20 agosto p.v.) che darà modo di valutare se ed in che misura le norme del nuovo Codice di Giustizia Sportiva FIGC permettano una più rapida ed equa risoluzione delle controversie, anche attraverso l’uso di strumenti in grado di avvalorare le condotte collaborative ed il ruolo degli indagati, è stato già adottato nei confronti dei principali protagonisti di questa vicenda (l’ex presidente e l’ex amministratore delegato, ma è stato altresì avviato un procedimento per comminare il provvedimento a carico di altri cinque soggetti coinvolti), un provvedimento amministrativo di Daspo che avrà durata di cinque anni e che determina, in estrema semplificazione, per gli interessati, il divieto di frequentare gli stadi nei quali si svolgeranno le gare della società etnea; anticipando brevemente quanto sarà oggetto di più approfondita analisi nelle pagine che seguono, può segnalarsi sin da subito che il tratto caratterizzante del provvedimento, appare la curiosa finalità di “preservare” il destinatario da concrete situazioni di pericolo, che si inquadra nella più generale finalità di tutela dell’ordine pubblico.
Su questo provvedimento, e sulle motivazioni che ne sono alla base, appaiono opportune alcune considerazioni, che saranno precedute, tuttavia, da alcuni cenni generali sul Daspo.

§2. Il divieto di accesso alle manifestazioni sportive. Profili generali.
Il Daspo (acronimo che indica il divieto di accesso alle manifestazioni sportive) costituisce una misura di prevenzione atipica introdotta nel nostro ordinamento dalla legge n.401/1989 (rubricata “Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nelle manifestazioni sportive”, ma comunemente indicata come “legge sulla frode sportiva”) ed indirizzata a tutelare l’ordine pubblico ed evitare il verificarsi di episodi di violenza in occasione dello svolgimento delle manifestazioni sportive attraverso il divieto, indirizzato a determinati soggetti, di frequentare gli stadi ed i luoghi nei quali i verifichino stazionamenti o flussi di tifosi e partecipanti alle manifestazioni medesime. Trattandosi di una misura di prevenzione (e non di una misura di sicurezza:la precisazione è importante!) il Daspo si indirizza a soggetti e situazioni anche solo di presunta pericolosità sociale, senza che sia necessaria una accertata lesione dei beni giuridici tutelati dalla norma. Si tratta, chiaramente, di una misura di tipo preventivo e non sanzionatorio e, profilo importante, si tratta di un atto amministrativo che prescinde dalla rilevanza penale della condotta stessa (il che significa che l’eventuale archiviazione non influisce sul provvedimento).
Una veloce lettura dell’art.6 comma I e I-bis2 della legge n.401/1989 permette di evidenziare i tratti salienti dell’istituto:
sono destinatari del provvedimento i soggetti che risultano denunciate o condannate (anche con sentenza non definitiva) per una serie di reati, tra i quali non soltanto i comuni “reati da stadio”, ma altresì i delitti di comune pericolo mediante violenza, la partecipazione attiva ad episodi di violenza o l’incitamento od inneggiamento a condotte violente su persone o cose, nonché per i delitti contro l’ordine pubblico;
il daspo può essere comminato anche a soggetti minorenni, che abbiano già compiuto i 14 anni, ed in questo caso viene notificato ai soggetti che esercitano la responsabilità genitoriale;
il questore, con il provvedimento che commina il daspo, deve indicare (“specificamente”)le manifestazioni sportive interessate dal divieto, che può estendersi, territorialmente, anche ai luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni;
il daspo può riguardare anche manifestazioni sportive che si svolgono all’estero (ed anche in questo caso esse devono essere “specificamente indicate”) oppure essere comminato per condotte rilevanti tenute all’estero.

Accanto a questa ipotesi che viene comunemente indicata come “daspo semplice”, si può poi individuare la misura accessoria dell’obbligo di comparizione personale, negli orari di svolgimento delle gare, presso il comando di polizia (comma II).

In relazione alla durata, viene previsto che essa non possa essere inferiore ad un anno né superiore a cinque anni, ammettendosi altresì che in presenza di mutate circostanze, che testimonino il venir meno le cause di emissione, il provvedimento possa essere revocato (comma V).
Occorre sottolineare che l’attuale formulazione dell’art.6 è frutto di una evoluzione che, dal 1989, ha registrato diverse novelle e modifiche al testo normativo, ultima delle quali quella apportata con la legge n.146 del 2014, che ha recepito diversi orientamenti della giurisprudenza, inserendo alcune fattispecie e condotte prima escluse, che avevano dato origine a contrasti (a titolo esemplificativo, si consideri l’ipotesi di striscioni offensivi o che incitano a odio o violenza).

§3. Condotte rilevanti e limiti dell’istituto
Proprio la giurisprudenza, peraltro, ha permesso di determinare i margini di operatività dell’istituto: attraverso le decisioni dei Tribunali Amministrativi Regionali (il daspo è un provvedimento amministrativo di competenza del questore, quindi il ricorso avverso il provvedimento deve essere presentato davanti al TAR competente) infatti, emerge una interessante casistica: tra le condotte che giustifichino il provvedimento possono considerarsi l’attività di bagarinaggio (Cass. Pen 06.10.2014, n.41354; la questione era al vaglio dei tribunali ordinari trattandosi di violazione di daspo, non di ricorso avverso provvedimento); l’avere inscenato manifestazioni di protesta contro la “tessera del tifoso” in ambiente non sportivo ma legato alle attività politiche del Ministro dell’Interno (raduno della Lega Nord: Tar Lombardia, Brescia, 20.06.2011. n.912); non possono, invece, essere considerate condotte rilevanti l’involontaria rottura della recinzione, quando si sia provato che non c’era animus nocendi (TAR Lazio Roma 29.10.2010, n.33070) né la presenza di fronte allo stadio (chiuso) per seguire la radiocronaca della gara giocata in trasferta (Cass. Pen, 13.07.2010, n.27067), oppure la partecipazione a raduni di tifosi in caso di mancato svolgimento della gara (per differimento della stessa)
In relazione alla giurisprudenza locale, sintetizza efficacemente ratio e finalità del daspo la recentissima T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, 13/07/2015, n. 1938 nella quale può leggersi: “L’adozione dei provvedimenti di D.a.spo., riconducibili al genus delle misure di prevenzione o di polizia, deve risultare motivata con riferimento a comportamenti concreti ed attuali del destinatario, dai quali possano desumersi talune delle ipotesi previste dalla legge come indice di pericolosità per la sicurezza e la moralità pubblica (L. n. 401/1989)” nonché, in relazione più specificamente ai “reati da stadio” ed agli episodi di violenza, la recentissima T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, 10/06/2015, n. 1571, nella quale si legge : “L'art. 6, comma 1, L. 13 dicembre 1989 n. 401 attribuisce al Questore il potere di inibire immediatamente l'accesso ai luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche e a quelli interessati alla sosta e al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni stesse, a chi sia risultato coinvolto in episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive con l'adozione di un provvedimento che, mirando alla più efficace tutela dell'ordine pubblico e ad evitare la reiterazione dei comportamenti vietati, non deve neppure essere preceduto necessariamente dall’avviso di avvio del procedimento.”
In relazione ai comportamenti ed alle condotte poste in essere da tesserati, quindi soggetti dell’ordinamento sportivo, non costituisce più un novità la comminazione del daspo agli atleti che si siano resi responsabili di condotte pregiudizievoli i quali, se svolgono attività retribuita, una volta ricevuto il provvedimento, possono recarsi presso gli stadi solo per espletare la propria attività sportiva come prestazione di lavoro (Cons. Stato 19.02.2014, n.758); in riferimento a presidenti e dirigenti delle società sportive, a parte le ipotesi di condotte violente poste in essere in occasione delle gare sportive, il daspo può essere comminato anche in presenza di denuncia o condanna per illecito sportivo (come già nel caso del presidente del Genoa Calcio)

§4. Il daspo all’ex Presidente del Catania Calcio
La comminazione di una daspo ad un presidente di società sportiva che risulti denunciato o condannato (anche con sentenza non definitiva) per illecito sportivo non costituisce una novità assoluta nel panorama nazionale, tuttavia i profili di maggior interesse riguardano, da un lato, la durata, prevista in 5 anni e la motivazione che, nel comunicato della questura, si indirizza a tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza del diretto interessato. Ricordando preliminarmente che l’ex presidente della società (come del resto l’altro soggetto destinatario del provvedimento, l’ex amministratore delegato) risulta indagato per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva (fattispecie implementata dalla citata novella del 2014), che offre già fondamento al provvedimento interdittivo, nel comunicato della questura si legge, come riportato dagli organi di stampa, che lo stesso viene adottato per “preservare” l’ex presidente, l’ex amministratore delegato e tutti gli altri soggetti coinvolti nella vicenda giudiziaria “da concreti rischi per la propria incolumità”, considerando che la loro eventuale presenza nello stadio in occasione di incontri della società “possa rappresentare un concreto pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica”.
Il principale bene giuridico oggetto della tutela è, come espressamente affermato, l’ordine pubblico nella declinazione della sicurezza pubblica, ed in questo senso il daspo è funzionale a prevenire la situazione di potenziale pericolo (sul punto, emblematico quanto espresso in giurisprudenza da T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 02/03/2015, n. 200 : “Il fine dell’art. 6, comma 1, della L. n. 401/1989 è la tutela dell’ordine pubblico, non solo nel caso di accertata lesione, ma pure di pericolo di lesione, sicché si tratta di un potere attribuito anche con fini di prevenzione della commissione di illeciti, tenuto conto della diffusività del fenomeno relativo alle violenze negli stadi di calcio e della necessità di approntare, anche sul piano normativo, rimedi efficaci, con il corollario che la misura del divieto di accesso ad impianti sportivi può essere disposta pure in caso di pericolo di lesione dell’ordine pubblico, magari ascrivibile a semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo”). Sulle considerazioni espresse dalla questura pesano, inoltre, le valutazioni relative alla situazione registrata nel capoluogo etneo in occasione di manifestazioni di protesta contro la dirigenza della squadra: l’impatto mediatico viene valutato come un indice di pericolosità e la stessa (sola) presenza allo stadio viene valutata come una condotta in grado di agevolare situazioni di pericolo; peraltro già in altre occasioni la valutazione delle condotte ed il risalto attribuito dagli organi di stampa ad episodi protesta o tafferugli in occasione di manifestazioni di tifosi o di diatribe a fine gara avevano costituito materiale sul quale basare la valutazione di opportunità del provvedimento di daspo (Cons. Stato, 19.02.2014, n.758).
La circostanza, ribadita dalla questura, della massiccia presenza di tifosi in una manifestazione di protesta ha costituito, dunque, un significativo indice di pericolosità per la sicurezza in caso di intervento pubblico dei quei soggetti ai quali la tifoseria addebita non soltanto una gestione più che critica della società ma soprattutto il clamoroso illecito e la frode sportiva.
Una precisazione tuttavia appare doverosa in ordine alla estensione del daspo: difatti la locuzione “divieto di accesso alle manifestazioni sportive” non implica un totale ed assoluto impedimento di contatto con la squadra, dal momento che il provvedimento interdittivo riguarda, salvo indicazioni contrarie che non paiono potersi desumere dal comunicato della questura, unicamente alle “manifestazioni” intese secondo quanto previsto dall’art. 2-bis del d.l. 20.08.2001 (che ha novellato la legge n.401/1989) e cioè “le competizioni che si svolgono nell'ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano”. Il riferimento normativo, dunque, si indirizza unicamente alle manifestazioni del cd. agonismo organizzato riferibile all’ordinamento sportivo, potendo in esso inquadrarsi anche le eventuali gare amichevoli dotate di rilevanza e pubblicità, ma non potendo essere ricomprese in esso anche i galà sociali che non comportano gare ma (eventualmente) solo esibizioni dimostrative oppure gli allenamenti, disputate presso gli impianti sportivi della società o le palestre, che non prevedono l’intervento di altre società (dunque i possibili scontri tra tifosi) ed altresì possono anche svolgersi con interdizione al pubblico (dunque “a porte chiuse”, evitando il contatto con la tifoseria e, riducendo, quindi, i potenziali pericoli).
Proprio sul portato di tali considerazioni, quindi, sembra potersi dedurre che, indipendentemente dal futuro dei rapporti tra l’ex presidente e la società etnea ed indipendentemente dalle valutazioni personali del soggetto sull’opportunità (o meno) della presenza, non dovrebbe essere preclusa la possibilità di assistere agli allenamenti o di seguire la squadra nelle manifestazioni di presentazione della nuova stagione che non implichino attività agonistica.

Prof. Avv. Angela Busacca
Docente di Diritto Sportivo
nell’Università Mediterranea (Reggio Calabria)

Responsabile Scientifico
Centro Studi di Diritto Sportivo “Milone”
della Fondazione CRE (Roma)