Chi si accontenta... non gode!

Gli unici vincitori a Castellammare di Stabia...

Gli unici vincitori a Castellammare di Stabia... 

Max Licari sul pari del "Menti". Più compattezza, minor qualità. Evidenti alcune lacune strutturali da correggere a gennaio.

Punto accettabile, prestazione ancora non all’altezza
Guardare il bicchiere mezzo pieno, in un momento del genere, non sarebbe del tutto salutare. È vero che a Castellammare il Catania, impostato secondo l’unico modulo oggi sostenibile dalla squadra, ha mostrato qualche segnale di ripresa sotto il profilo della compattezza, tanto che si torna a casa con un “clean sheet” e un punto che consente ai rossazzurri di non far “scappare” i padroni di casa; tuttavia, prendere con leggerezza i tanti segnali che provengono dalle deludenti prestazioni di questo inizio di campionato sarebbe autocondannarsi all’ennesimo campionato di potenti illusioni e altrettanto cocenti delusioni. E non possiamo permettercelo. Sottacere i problemi strutturali che il campo, unico giudice rispetto alle “previsioni” (del sottoscritto “in primis”), continua a evidenziare significherebbe non essere onesti intellettualmente. Pertanto, pur accogliendo il pareggio del “Menti” come un primo segnale di ripresa, non si può non rimarcare come la gara degli etnei allenati da mister Sottil si sia sviluppata in modo qualitativamente insufficiente, a sottolineare con forza l’assunto che questa squadra sia stata sovrastimata alla vigilia. Il Catania attuale, purtroppo, non è compagine completa in grado di assicurare l’obiettivo prefissato. Di più, non si potrebbe adesso nemmeno avere la certezza di giungere tra le prime due o tre. Chiare alcune lacune quantitative e qualitative a centrocampo e sugli esterni d’attacco, ma anche sulle corsie laterali “basse” non si stanno fornendo delle garanzie assolute. Di conseguenza, se il Catania vorrà raggiungere la promozione diretta, sarà necessario attivare un mercato di gennaio capace di inserire alcuni profili di rilevanza tecnica in grado di far compiere un ulteriore salto di qualità in fatto di cifra di gioco alla squadra, al di là di qualsivoglia alchimia tattica che il tecnico vorrà o potrà “inventarsi”. Lo diciamo in maniera netta, a scanso di equivoci, in modo da sgombrare il campo da fraintendimenti. Ciò non significa che quella rossazzurra non sia un’ottima squadra di categoria o che sia tutto da buttare. Solamente e semplicemente, alcune valutazioni tecniche fatte in sede di mercato estivo non hanno prodotto i riscontri pianificati. Nessun “disfattismo”, quindi. L’impianto c’è, mancano quei tre o quattro tasselli importanti che facciano del Catania la “corazzata” che tutti noi vorremmo che fosse. In questo campionato non ci sono né il Benevento, né il Foggia, né il Lecce delle scorse stagioni; vi è tutto il tempo per recuperare e tagliare il traguardo agognato, dunque. Di contro, proprio questa considerazione, condannerebbe il Catania, in caso di mancata promozione diretta, a un fallimento senza precedenti, proprio per la mancanza di avversari. La Juve Stabia, il Trapani, il Catanzaro o la Casertana attuali certificano questo assunto. Si tratta di buone squadre, ma assolutamente “normali” e alla portata. Non vincere il torneo 2018/19 sarebbe un peccato mortale e la colpa andrebbe tutta a carico del Catania. Esclusivamente del Catania. In questo momento, una critica equilibrata, costruttiva e consapevole deve fungere da stimolo, senza sfociare tanto nel “nichilismo” quanto nel “giustificazionismo”. E, soprattutto, non può e non deve assolutamente fungere da inutile copertura, nell’errata convinzione che mettere in campo la realtà delle cose possa turbare chissà quali fragili “statu quo“ psicologici. Lo si sapeva fin dall’inizio: in questa stagione, nessun alibi, nessun “se” o “ma”; chi non se la sente, chi pensa che le pressioni della piazza siano insostenibili non è da Catania, non è utile alla causa. Anche al “Menti”, se andiamo ad analizzare a fondo la gara, i padroni di casa hanno avuto più occasioni. Ai punti, avrebbero meritato la vittoria. Era accaduto a Caserta o a Monopoli, per non parlare dei disastri di Potenza o con il Catanzaro al “Massimino”. Una società che vuole vincere il campionato non può consentirlo, deve cogliere i segnali ed agire di conseguenza, come sicuramente farà il Catania, al di là dei pur necessari “chiarimenti” di spogliatoio che, comunque, hanno prodotto la reazione d’orgoglio notata nel match contro gli uomini dell’ex Caserta. Se andiamo a dare uno sguardo alla classifica, notiamo che non solo le “vespe”, ma anche il Trapani o il sorprendente Rende volano, mentre il Catanzaro rimonta. Il Catania, invece, si è fermato. È vero che i rossazzurri, quarti a quota 18, hanno due partite da recuperare, ma poi i punti si devono fare e quando hai l’obbligo di vincere a tutti i costi non sempre riesci ad esprimerti al massimo. Non sarà facile, questo è chiaro. E il Catania sta perdendo più colpi del previsto. I calabresi sono già a 8 lunghezze di distacco, i granata a 7, i gialloblù a 5 (con lo stesso numero di partite dei rossazzurri, 10). E tutte e tre hanno subito un punto di penalizzazione… Inoltre, il Catania ha un 16-11 di differenza reti che è nettamente inferiore al 21-11 del Rende, al 20-6 del Trapani o al 20-5 della Juve Stabia. Sostanzialmente, segna di meno e subisce assai di più (solo la capolista calabrese ha incassato quanto gli etnei, ma si tratta di una sorpresa assoluta del campionato e non di un ipotetico competitor). Sottovalutare questi dati oggettivi sarebbe letale. Assolutamente mortale.

Meglio con il 4-2-3-1
Che il 4-2-3-1 fosse un modulo più attagliato alle caratteristiche dell’organico vi erano pochi dubbi. La gara del “Menti” lo conferma, sebbene i rossazzurri abbiano abbinato a un’accresciuta compattezza, capace di far soffrire meno la fase difensiva, la solita sterilità offensiva di questi ultimi tempi. Il Catania crea poche occasioni e tira ancor meno in porta. E, quando lo fa, mostra poca lucidità. Marotta ha avuto la palla buona al 15’, ma, tutto solo davanti a Branduani, ha sparato sul portiere in uscita. Sarebbe stata, probabilmente, la svolta del match, eppure con i “se” e i “ma”, come detto, non si va da nessuna parte. Il Catania, con Ciancio e Scaglia terzini, la coppia Biagianti-Rizzo in mezzo e il trio Barisic-Lodi-Vassallo dietro lo stesso Marotta, ha fatto bene i primi 20’ della partita e i primi 10’ della ripresa, lasciando poi alla maggior verve atletica della Juve Stabia (ordinata, ma per nulla trascendentale) il pallino del gioco. Se andiamo a considerare le occasioni, a parte quella già descritta dell’attaccante in maglia numero 9 rossazzurra, l’undici di Sottil non ha mai tirato con un minimo di pericolosità nello specchio della porta, mentre i padroni di casa hanno impegnato Pisseri in un grande intervento con Di Roberto al 30’, colto una traversa con Calò su punizione al 42’ e, con lo stesso centrocampista gialloblù (migliore in campo insieme all’indiavolato Carlini), un clamoroso palo all’80’, sempre su impeccabile calcio da fermo. Se tanto mi dà tanto, la Juve Stabia ha fatto di più del Catania. Ci ha tentato, almeno, pur nell’ambito di una gara equilibrata e povera di sussulti. Deludente, invece, l’atteggiamento dei rossazzurri, che hanno preferito portare a casa il pari piuttosto che tentare una fondamentale vittoria scacciacrisi. Anche se ancora sotto il profilo atletico c’è da lavorare, le prestazioni dei due centrali difensivi, di Rizzo (il migliore) e del sempre generoso Biagianti lasciano intravedere qualche spiraglio di luce. Tuttavia, questa volta non si è fatto benissimo sotto il profilo qualitativo, proprio quello che dovrebbe essere il punto forte del Catania. Male Ciancio e Scaglia in fase di spinta, poco lucido Lodi sulla trequarti, volenterosi ma mai incisivi Barisic e Vassallo sugli esterni alti, in calando rispetto all’inizio del campionato Marotta. Meglio, nel finale, si è fatto con gli ingressi di Manneh (che non si capisce perché non cominci dall’inizio) e Baraye, a dare maggior vivacità e “gamba” alla squadra, tanto che alcune ripartenze mal rifinite da Marotta sono nate proprio da iniziative dei neoentrati; mentre assolutamente pleonastici sotto il profilo dell’impatto fisico sono apparsi gli ingressi di Angiulli (finalmente utilizzato nel suo ruolo di vice Lodi) e Curiale, due giocatori in evidente ritardo di condizione. L’aver tenuto fino al termine è, in ogni caso, un passo avanti. Ma non può bastare. Non deve bastare.

Una partita da vincere a tutti i costi
Fra sette giorni sarà di scena al “Massimino” la Reggina del dimissionario presidente Praticò, una squadra certamente alla portata del Catania, che dovrà assolutamente riscattare gli ultimi deludenti risultati e riprendere il cammino verso la vetta. Oltre ai fondamentali tre punti, ci sarà da riconquistare il pubblico, scioccato specialmente dal duro KO interno con il Catanzaro di mister Auteri. Rialziamo la testa, con grinta e cattiveria. Let’s go, Liotru, let’s go!!!