Catania, riparti dal basso…

Pulvirenti e Cosentino, finora un sodalizio che non decolla...

Pulvirenti e Cosentino, finora un sodalizio che non decolla... 

Spunti che emergono dal confronto tra la gestione Cosentino e quelle precedenti: serve più umiltà

Sono passati poco più di 10 anni dall’avvento di Antonino Pulvirenti al timone della compagine etnea e la sua gestione sta probabilmente attraversando in questo momento il periodo più difficile, quantomeno sotto il profilo puramente sportivo. Effettuando una comparazione tra i precedenti amministratori delegati dell’era Pulvirenti (Pietro Lo Monaco e Sergio Gasparin) e l’attuale ad Cosentino, emergono differenti modus operandi dietro i quali stanno, probabilmente, alcune delle cause dei problemi del Catania attuale. Analizziamoli nel dettaglio.

Cosentino vs Lo Monaco: il fattore “umiltà”
Quando, nel 2004, Pulvirenti acquista il club dai Gaucci, il Catania è reduce da 10 anni di inferno: la scampata radiazione che non evita comunque a Massimino la grana di dover ripartire dall’Eccellenza; la tragica morte del “Presidentissimo” dopo aver riconquistato il professionismo; l’attesa sofferente per il ritorno in C1; le pazze annate della gestione Gaucci, tra una Serie B conquistata al cardiopalma sul campo e difesa poi nelle aule dei tribunali. Il Catania, insomma, tra mille vicissitudini, è reduce da una scalata dal basso verso l’alto e la conquista della Serie A è l’ultimo tassello mancante per completare l’opera.
Pietro Lo Monaco (l’ad a cui il presidente Pulvirenti affida il progetto) dopo aver erroneamente percorso, durante la prima estate, la strada dei “nomi” e dell’esperienza (Ferrante, Walem, Fresi, Vugrinec, ecc) impara la lezione e costruisce l’organico della promozione, e tutti quelli che seguiranno, ricercando come ingrediente principale quello della fame, della motivazione. I vari De Zerbi, Spinesi, Mascara, sono elementi all’altezza del massimo campionato, ma lo scopriremo solo in seguito, perché quando vengono acquistati (a prezzi modici) la Serie A non l’hanno vista se non di sfuggita. E quei “senatori” di tanto in tanto acquistati da Lo Monaco, come Baiocco e Sottil, sono giocatori a cui le motivazioni non mancano perché provengono da compagini fallite o retrocesse per illecito (come Perugia e Genoa). Senza dimenticare Maxi Lopez, l’unico nome “di grido” arrivato durante la gestione dell’attuale patron del Messina, acquistato in un momento in cui la carriera dell’attaccante argentino, caduto nell’oblio tra Russia e Brasile, sembrava in parabola discendente. Non è un caso che lo stesso “Galina”, dopo aver “assaggiato” l’aria di Milanello, non si sia più espresso sui propri livelli una volta tornato in squadre meno ambiziose come la Sampdoria o lo stesso Catania. Pablo Cosentino, invece, nell’annetto pieno di gestione sul mercato, ha spesso puntato su giocatori provenienti da società di rango superiore (come la Roma nel caso di Tachtsidis o il Siviglia nel caso di Guarente) per i quali, evidentemente, Catania rappresentava una scelta di ripiego, se è vero come è vero che da altre parti hanno fornito maggiore impegno e migliori prestazioni.
Stesso dicasi sul fronte delle “scommesse”. I vari Izco, Vargas, Llama, Gomez (e compagnia danzante) quando sono stati acquistati erano pressoché sconosciuti, se si eccettua il continente di provenienza. E quando sono stati presentati, il massimo complimento loro rivolto dalla società e dal suo ad è stato si tratta di una possibile rivelazione. Con l’avvento di Cosentino, invece, gli acquisti dei vari Leto e Peruzzi sono stati accompagnati da enfatiche dichiarazioni del tipo non c’entra nulla col Catania, lo abbiamo soffiato al Manchester City, frasi che hanno logicamente riempito di attese la piazza e di pressione i giocatori, i quali erano reduci da lunghi e gravosi infortuni: sarebbe stato più opportuno abbassare i toni, anche perché il precedente il Catania ce l’aveva in casa e si chiamava Pablo Barrientos.
Ma ai toni enfatici a Catania ormai siamo abituati da più di un anno a questa parte: dopo nove stagioni di il nostro scudetto è la salvezza, ecco l’annunciato salto di qualità, l’aggressività sul mercato, l’asticella alzata a cui si è fatto riferimento quando Pablo Cosentino si è insediato in società. Ci sono compagini dello stesso spessore sportivo del Catania, per categorie frequentate nella propria storia (come il Livorno, il Chievo e l’Empoli) o altre addirittura ben più quotate (come la Samp che vanta uno scudetto e un trofeo europeo) che appena hanno, sul campo, conquistato l’Europa League pur essendo partiti con l’obiettivo salvezza, nell’anno immediatamente successivo sono entrate in crisi e sono retrocesse in Serie B, non reggendo il doppio impegno. Qui a Catania si è riusciti nell’impresa di retrocedere dopo i proclami, e non dopo i risultati conseguiti.

Cosentino vs Gasparin: il fattore comunicazione
Se c’era un aspetto sotto il quale l’ex ad Lo Monaco non eccelleva era senz’altro quello della comunicazione e dei rapporti coi media. Ciò lo contraddistingueva dal presidente Pulvirenti, decisamente più mite e disponibile negli approcci con settore della carta stampata e delle televisioni. Nell’ultimo anno di gestione, in coincidenza dell’arrivo in società di Pablo Cosentino, lo stesso presidente pare aver cambiato atteggiamento, anche se non c’è dubbio che alla base di alcuni diverbi o dell’insofferenza mostrata nelle conferenze ci fossero le difficoltà e i risultati della squadra, oltre che la pressione dell’ambiente.
Se, quindi, sul presidente si può anche sorvolare, lo stesso non si può fare con Cosentino, dal momento che da quest’estate non si occupa più solo di mercato, ma è a tutti gli effetti un “plenipotenziario”. Ciò che va rimproverato all’argentino non è l’approccio con la stampa, sempre cordiale, ma le lacune e le tempistiche della comunicazione. Da questo punto di vista possiamo dire che Sergio Gasparin è stato un maestro. Nel suo anno di gestione non c’era un aspetto della vita societaria che non fosse corredato della sua presenza, da conferenze, da presentazioni, da dichiarazioni, sia che si trattasse di nuove maglie, sponsor o persino promozioni dei negozi ufficiali, sia che avesse a che fare con gli aspetti puramente tecnici (l’ex ad si soffermava spesso e volentieri coi giornalisti negli spogliatoi).
Da quando si è insediato Pablo Cosentino invece le lacune sono molte, evidenti, e intollerabili per la reputazione che una società come il Catania di Pulvirenti si è costruita nel tempo: alludiamo per esempio alle nuove maglie, non ancora presentate a un mese di distanza dall’esordio ufficiale in Coppa Italia col Südtirol, nonostante una maglia da trasferta nuova di zecca sia stata sfoggiata proprio nell’ultima partita contro il Perugia; alludiamo allo sponsor: la catena “Fortè”, apparsa sulle maglie etnee nell’ultimo match, è lo sponsor definitivo o si tratta di una soluzione intermedia? E dopo aver concluso importanti accordi con altrettanto importanti agenzie di marketing, come mai il Catania è rimasto senza sponsor principale durante le prime partite? Alludiamo, anche, alla comunicazione sulla composizione dell’organico e sui trasferimenti. Perché le cessioni di Barrientos e Maxi Lopez, per esempio, sono state ufficializzate circa un mese dopo l’annuncio di acquisto da parte di San Lorenzo e Chievo? Perché non è stato mai reso noto ufficialmente l’elenco dei convocati al ritiro di Torre del Grifo? Perché la famosa “lista dei 25” è stata ufficializzata soltanto prima del match con la Virtus Lanciano? Altre società, della stessa categoria, come il Trapani, non certo di maggior spessore, hanno comunicato il tutto, comprensivo di numeri di maglia, già a metà agosto.

Si tratta solo di spunti (tutti comunque basati su dati comprovati o fatti accaduti) ma ci auguriamo che la società ne faccia tesoro e ne tenga conto per proseguire il programma di rilancio già avviato, ma al momento in fase di sofferto stallo.