Addio Romano, il capitano ci ha lasciato

Da sx verso dx: Romano Fogli, Olimpio Guidi e Rino Rado (Foto: gentile concessione Olivio Guidi)

Da sx verso dx: Romano Fogli, Olimpio Guidi e Rino Rado (Foto: gentile concessione Olivio Guidi) 

Alessandro Russo ricorda Romano Fogli rispolverando un bell'artico pubblicato qualche anno fa su 'Il Catania Magazine'

La mattina dello scorso martedì 21 settembre, a 83 anni, ci ha lasciati uno dei simboli storici del calcio Catania, l’indimenticabile Romano Fogli.

È stato il capitano rossazzurro dal 1970 al 1974, ha disputato con noi 129 gare e ha firmato 5 reti.
Lo commemoriamo oggi grazie al ricordo di uno dei suoi più cari amici e con un mio articolo del novembre 2009 pubblicato sulla rivista “Il Catania Magazine” e dal titolo FOGLI MAI INGIALLITI.

«Romano Fogli - così Olimpio Guidi - era un mio grande amico, molto umile e un vero galantuomo: la sua morte mi ha veramente colpito. Sei anni fa ero molto ammalato e Romano mi ha scritto per incoraggiarmi. Lui era anche molto amico con altri americani di Sigonella con cui andavamo insieme al vecchio Cibali per tutte le partite. La foto che ritrae me con ancora un po’ di capelli in mezzo a Romano Fogli e a Rino Rado è stata scattata a Genova nell'albergo del ritiro del Catania il 13 gennaio 1973 il giorno prima di Genoa-Catania. Io ero amico con tanti giocatori del Catania; ricordo che è stata una bellissima partita terminata uno a uno e che segnò Bernardis»

Una immagine dell'articolo pubblicato sul magazine "Il Catania" 



Estate 2009, movida catanese: strette di mano, pacche sulle spalle e strizzatine d’occhio. Quindi un salto indietro fino agli anni Settanta della storia rossazzurra: argomento scelto Romano Fogli.
«Per uno come lui – parola di Roberto Quartarone, classe ’86, studente di Lingue con la testa al calcio e al basket - la fatidica frase ‘Una vita da mediano’ è riduttiva. Sono nato più di dieci anni dopo la sua partenza da Catania ma quando ne sento parlare penso a un centrocampista di valore assoluto. Immaginiamo Pirlo o De Rossi che a un tratto, seppur ancora capaci di giocare ad alti livelli, decidono di passare a una provinciale. Fogli veste il rossazzurro in un‘altalena di emozioni contraddittorie che ci vedono oscillare fra lo splendore della serie A e le buie cantine della C; nonostante fosse a fine carriera, con classe ed esperienza ha onorato quella maglia per quattro anni e con noi ha totalizzato 113 presenze e 3 reti in campionato.»

L’ing. Antonio Buemi, 34 anni e alla perenne ricerca di soluzioni ordinarie, inserisce un tassello.
«Con Haller e Bulgarelli, negli anni Sessanta dava forma al centrocampo del Bologna, incarnando lo stereotipo del mediano instancabile. Ingranaggio invisibile e indispensabile di una squadra vincente, in rossoblù ‘Romanino‘ recupera palloni e macina chilometri. Conquista così la vittoria del campionato e diventa ‘Grissino tricolore’; leggendario rimane il suo gol direttamente su calcio piazzato che sblocca lo spareggio-scudetto contro l’Internazionale. Era il 7 giugno ‘64, si giocava allo Stadio Olimpico di Roma e fu lui il vero mattatore di quell’afoso pomeriggio estivo. Consacratosi ad alti livelli, passa al Milan, alza al cielo Coppa Campioni e Coppa Intercontinentale e colleziona 13 gettoni di presenza in azzurro.»


Scambio di gagliardetti fra Rizzo e Fogli 



Silvia Ventimiglia, irresistibile e romantica freelance viagrandese doc, raccoglie l’assist.
«Io ho superato i quarant’anni e ricordo perfettamente quei quattro campionati da noi. Era un play-maker di qualità e la sua caratteristica principale era una continuità impressionante. Ho letto che da piccolo giocava in parrocchia e nelle piazze con una palla fatta di stracci e il debutto in A arrivò, del tutto inaspettato, a diciott’anni con la maglia granata del Toro. Dieci anni dopo era in nazionale nella sfortunata spedizione inglese ai Mondiali del ’66. Nell’estate ’70 Fogli è il botto etneo al calciomercato di Milano, il punto di forza della nostra campagna acquisti per irrobustire la zona nevralgica del campo. Diventa un riferimento per i compagni e tenta di mantener fermo il timone in anni non facili per il calcio catanese.»

«Quest’anno – le strappa la parola Cecilia Amenta, 35 anni, bionda come una spiga di grano e vivace più dell’ape maia - sono stata presente in tribuna al Massimino in quasi tutte le partite casalinghe. È capitato più volte, quando ci veniva assegnata una punizione dal limite, che i miei vicini di posto, due simpatici e brizzolati abbonati sulla sessantina, mormorassero a denti stretti ‘Ci vorrebbe un tiro alla Romano Fogli, una delle sue imprendibili punizioni a foglia morta che lasciavano il portiere ad acchiappar farfalle.»

Romano Fogli fra il giornalista Emanuele Giacoia di RAI Calabria e il cavaliere Angelo Massimino 



«Qualche giorno fa – puntualizza la ventiseienne Antonietta Licciardello, giornalista - l’ho sentito per un’intervista alla radio. ’Intanto -queste le sue parole- ringrazio una città che mi ha voluto bene sin dal primo momento e ancora una volta si è ricordata di me. Le mie stagioni in Sicilia furono travagliate ma all’ombra dell’Etna mi trovai benissimo. Venni giù a 32 anni compiuti, non certo per svernare ma con la voglia giusta; ci tenevo insomma a lasciare il segno.
Fu il presidente Massimino in persona a convincermi: la sua era una passione immensa e nel calcio la passione è tutto. Abitavo in via Villini a mare in una zona meravigliosa e miei vicini di casa erano Volpati, Pereni, Montanari e il compianto Memo Prenna. Il primo campionato si concluse con la retrocessione tra i cadetti e l’ultimo addirittura con una rovinosa caduta in terza serie; in mezzo conquistammo un ottavo e poi un quinto posto in B. Appese le scarpette al chiodo, ho continuato a vivere di pallone allenando Reggiana, Foggia, Livorno e Siena; poi sono stato il vice di Trapattoni a Firenze e di Gentile nell’under 21 azzurra.»


Romano Fogli premiato dai tifosi per la sua presenza numero 100 in rossazzurro 



Filippo Solarino, 42 anni, pubblicitario, rossazzurro fino al midollo apre l’album dei ricordi e chiude i lavori.
«In un pomeriggio primaverile del ’72 –spiega- giochiamo al Vittorio Emanuele di Siracusa, in campo neutro, a causa di una delle tante giornate di squalifica del Cibali. Io ho 6 anni e l’avversario è il Modena; appena chiedo a mio padre come mai quel giocatore ha una fascia bianca sul braccio, mi risponde che è il 'capitano' e dai suoi piedi passano tutti i palloni importanti. Fogli è il regista, il simbolo indiscusso della squadra, il fine tessitore di gioco; polmoni d’acciaio e grande tecnica, è quello che detta i tempi. Dagli spalti e ancor di più dal campo, notavi il suo stile, la precisione dei passaggi, e soprattutto il suo carisma. L'ultimo ricordo che ho di Romano in maglia rossazzurra è il placcaggio a un invasore nel corso di un Catania-Novara, nello sfortunato torneo ’73-’74. Anche in quel gesto emerge la personalità di uno che non è abituato a tirarsi indietro.»

Come dire, l’ex è golden ma i fogli della memoria non ingialliscono…